Ci sono fotografie che non si dimenticano. Ci sono immagini che sono entrate nella storia e ormai fanno parte dell’immaginario collettivo, da ancora prima della tv, di internet e della diffusione dei social network. Tra gli autori di questi scatti “famosi”, uno che con il suo lavoro non è passato mai inosservato, c’è sicuramente Henri Cartier-Bresson. Nato nel 1908, per decenni ha raccontato la vita e le persone che ha incontrato sul proprio cammino, che fosse per le strade di Parigi o nei viaggi intorno al mondo. Una imponente mostra realizzata dal Centre Pompidou di Parigi, in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson, ne ricostruisce la carriera, dagli inizi surrealisti, fino agli ultimi lavori, passando per la mitica agenzia Magnum, e ora questa esposizione è sbarcata a Roma. Aperta il 26 settembre, sarà visitabile fino al 25 gennaio 2015 al Museo dell’Ara Pacis.

La retrospettiva, curata dallo storico della fotografia Clément Chéroux, raccoglie oltre 500 opere, tra fotografie, disegni, dipinti, film e documenti, riunendo le più importanti icone ma anche le immagini meno conosciute del grande maestro: 350 stampe vintage d’epoca, 100 documenti tra cui quotidiani, ritagli di giornali, riviste, libri manoscritti, film, dipinti e disegni. Idealmente la mostra è divisa in tre parti, che coincidono con tre diversi periodi storici e artistici del grande fotografo (scomparso 10 anni fa, nel 2004) : il primo, dal 1926 al 1935, durante il quale Cartier-Bresson frequenta i surrealisti, compie i primi passi in fotografia e affronta i suoi primi grandi viaggi; il secondo, dal 1936 al 1946, corrisponde al periodo del suo impegno politico, del lavoro per la stampa comunista e all’esperienza del cinema; il terzo periodo, dal 1947 al 1970, va dalla creazione della cooperativa Magnum Photos fino alla fine della sua attività di fotografo.

Il percorso espositivo, invece, è composto da nove sezioni (compresa una introduttiva), ciascuna per una diversa fase di vita e di lavoro di colui che è stato anche chiamato “l’occhio del secolo”, per l’essere stato testimone di alcuni degli eventi più importanti del Novecento, dalla guerra civile spagnola alla seconda guerra mondiale, dalla guerra fredda alla decolonizzazione. Le sezioni sono, nel dettaglio: Prime fotografie: gli anni di apprendistato, i rapporti con gli americani a Parigi, le influenze fotografiche, il viaggio in Africa. Viaggi fotografici: il surrealismo, il “caso oggettivo”, le peregrinazioni fotografiche in Spagna, Italia, Germania, Polonia e Messico. L’impegno politico: New York con Paul Strand e il Nykino group, Parigi con Jean Renoir e l’Associazione degli artisti e scrittori rivoluzionari (Aear), la stampa comunista con Robert Capa e Louis Aragon. Le guerre: il film sulla guerra civile spagnola, l’attività durante la seconda guerra mondiale (fotografo dell’esercito, prigioniero, fuggiasco, combattente della Resistenza) per documentare il ritorno dei prigionieri. Il reporter: La fondazione dell’agenzia Magnum Photos, i reportage in Cina e in India, i funerali di Gandhi.

Il reporter professionista: Il primo fotogiornalista a entrare in Urss dopo la morte di Stalin. E poi Cuba, “L’Uomo e la Macchina” e la serie Vive la France. La fotografia dopo la fotografia: La fine dei reportage e una fotografia più contemplativa. Ricompare il disegno. Ricognizione: il tempo della ricognizione, la riconsiderazione degli archivi (dai documenti al lavoro), mostre retrospettive e libri. La iconizzazione di Henri Cartier-Bresson. Con questa esposizione si punta anche a superare quella che per lungo tempo è stata la principale chiave di lettura dell’opera del fotografo francese: la nozione di “istante decisivo”, legata alla sua capacità di saper cogliere l’attimo, che fosse di un evento storico, così come di un insignificante momento, passeggiando per le strade della capitale d’Oltralpe.

La retrospettiva, ripercorrendo cronologicamente il suo lavoro, vuole infatti mostrare che non c’è stato un solo Henri Cartier-Bresson ma diversi. La mostra è aperta dal martedì alla domenica dalle ore 9.00 alle 19.00,
il venerdì e il sabato fino alle 22.00. Per gli appassionati di fotografia, da ricordare che quest’anno cade anche un altro decennale, quello della morte di Helmut Newton e dell’apertura della Helmut Newton Foundation. Per celebrare l’evento, a Berlino sono riproposte (fino al prossimo 16 novembre) le mostre “Us and Them” e “Sex and Landscapes”, entrambe selezionate dallo stesso Newton poco prima di morire, il 23 gennaio 2004. La prima esposizione raccoglie opere del fotografo tedesco e della moglie June Newton, anche lei fotografa con il nome d’arte di Alice Springs. Si tratta di scatti che mostrano la loro vita insieme tra gli anni Ottanta e Novanta, tra momenti personali e ritratti che l’uno ha fatto all’altra e viceversa. “Sex and Landscapes”, invece, è una mostra di fotografie di paesaggi e di nudo in bianco e nero, realizzate da Newton tra il 1974 e il 2001.

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