E se il referendum scozzese fosse stato un vero trionfo per i si nonostante la sconfitta? Il Newsweek, in edicola il giorno dopo la conferma dei risultati che hanno salvato ai rigori l’Union Jack, disegna uno scenario molto interessante: non si ha memoria nel Regno Unito di una mobilitazione extra partitica e dal basso delle proporzioni dei comitati a sostegno dell’indipendenza, fortemente osteggiati dai poteri centrali (tutti i poteri: dal risveglio improvviso della politica di Londra alla molto disonorevole, per la deontologia giornalistica, copertura della Bbc) eppure manifestazione di vitalità nell’asfittica politica di Londra, piatta, lontana dalla gente, vicina ai capitali, conservatrice e legata ad un concetto di democrazia formale (ma non sostanziale) tanto decrepito da sembrare già un miracolo sia riuscito a sopravvivere fino al giro di boa del millennio senza particolari tumulti (solo i politici italiani possono osannare il sistema Westminster e giusto perché quasi nessuno di loro parla inglese e conosce l’Inghilterra)

Ma oggi le cose sono diverse: pochi oltremanica scorderanno l’immagine un po’ patetica del primo ministro Cameron che quasi in lacrime scongiurava il popolo scozzese di non demolire l’Unione e fa quadrato con l’altrettanto patetica, ma radicalmente opposta, dimostrazione di autorità del Cancelliere dello Scacchiere George Osborne che a marzo, quando i no erano ben 20 punti avanti, affermava serafico “nessuna unione monetaria in caso di secessione”. Se con le cattive non aveva funzionato, e no a giudicare dai sondaggi non aveva funzionato, allora Londra ha provato con un misto di smielato pietismo e presagi di sventure: non ci lasciate, non fate andare via le aziende che -potete giurarci- se ne andranno in massa, non fate scappare i capitali, non contate sui giacimenti petroliferi quasi esauriti perché non diventerete una seconda Norvegia. E non indignatevi se la Corona ha scelto l’equidistanza ma andate al sodo: volete mettere i colori ed il gossip reale con il grigiore di presidenti che al massimo tradiscono la moglie? Insomma sul fotofinish il marketing apocalittico-referendario di Better togetherè riuscito a convincere (o a terrorizzare, fate voi) gli indecisi e a strappare un sospiro di sollievo a Cameron ed alla sua coalizione Brancaleone che nel 2015 spera di agguantare un secondo mandato (ora avete capito perché la scorsa settimana l’intero arco di Westminster si è trasferito in Scozia).

In questo caso è stato come se il Chelsea battesse il Cisterna calcio 4-3 ai supplementari, rimontando con punizione dal limite e calcio di rigore (inesistente) un umiliante svantaggio durato tutto il match. Certo, conta solo il risultato dopo il triplice fischio ma possiamo dimenticare che il Cisterna e è andata ad un passo da un risultato storico? Che ha bucato la difesa del Chelsea tre volte e solo grazie a qualche alchimia tecnica (calci piazzati) i colossi londinessi hanno evitato il peggio? Proseguendo con la metafora, la Scozia è un pò il Cisterna calcio: il milione e mezzo di si valgono di gran lunga di più dei 2 milioni di no. E questo lo ha messo in luce un particolare del giorno dopo: la fretta ansiosa di evitare altri indipendentismi (già, pensate davvero che un terremoto simile lasci gli accordi nord irlandesi del Good Friday intatti?

Figuratevi, si sono risvegliati anche il Galles e la Cornovaglia) da parte di Cameron ha prodotto un risultato talmente inatteso e surreale da aver fatto scuotere la testa a molti Oltremanica: la devoluzione prossima ventura, quella sbandierata all’indomani dei risultati, sarà tanto radicale da superare di gran lunga le richieste dello Scottish National Party; un po’ curioso che questa concessione venga proprio dallo stesso Cameron, artefice indiscusso del 45% dei si. D’altronde gli scozzesi, quando venne formalizzato il referendum nel 2012, si sarebbero “accontentati” del federalismo ma fu il leader Tory a bocciare senza appello il terzo quesito: “o con noi cosi o via”disse . Ora il Regno Unito si trova comunque ad un passo dalla dissoluzione di fatto e per questo capolavoro, devono ringraziare sempre David Cameron, forse il più secessionista di tutti. Come sottolinea Alex Renton, commentatore scozzese del Newsweek, con un po’ di umiltà e di lungimiranza politica, la “devo plus”, una forma ben più soft del modello accettato ora dalla coalizione di governo, sarebbe passata comodamente con il consenso di due terzi degli scozzesi.

E invece il primo ministro, troppo occupato a tenere insieme la sua non-coalizione, a fare la guerra all’Europa e a rincorrere Farage non aveva tempo per constituencies elettorali dove i Tories non prendono un voto neanche per sbaglio (David Mundell è attualmente l’unico Mp scozzese eletto nelle file dei conservatori che siede a Westminster); tranne poi piangere lacrime di coccodrillo a poche settimane dal baratro e finire per far brillare gli occhi agli indipendentisti scozzesi che potrebbero trasformare una onorevole sconfitta in un vero e proprio trionfo. In un paese dove la partecipazione politica è al minimo, la gente non vota e solo l’1% dei cittadini ha una tessera di partito in tasca questo risultato è una buona notizia per la vitalità del sistema democratico ma una pessima notizia per i partiti britannici. Che entro il 2020, secondo un’indagine del Newsweek non avranno praticamente più alcuna rappresentatività. Allora forse ha ragione l’outsider per eccellenza, il deputato scozzese George Galloway: “La classe politica è riuscita in un’impresa nella quale aveva fallito anche Hitler: distruggere il Regno Unito”.

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