L’unico posto al mondo dove un bambino spesso si sente felice è in uno stadio di calcio, soprattutto se nato e cresciuto nelle favelas di Rio. Era il 1895 quando si sfidarono in una prima partita di calcio funzionari inglesi della compagnia del gas e connazionali della São Paulo Railway. Il calcio era inizialmente praticato solo dall’aristocrazia bianca e ad esso si convertirono nel tempo alcune squadre di cricket.

Il primo club brasiliano fu il Fluminense di Rio de Janeiro, creato nel 1902. Si aggiunsero successivamente il Botafogo Futebol e Regatas, l’América Futebol Clube e il Flamengo. Negli anni settanta del XX secolo il generale Emílio Garrastazu Médici intervenne affinché uno dei suoi pupilli, il calciatore Dario, venisse incluso nella rosa che avrebbe di lì a poco partecipato ai mondiali. L’allenatore João Saldanha non soddisfò la richiesta, venne esonerato e rimpiazzato da Mário Zagalo.

Alla fine degli anni settanta allenatore della nazionale carioca fu nominato Cláudio Coutinho. Dopo aver frequentato l’accademia militare Coutinho era entrato nell’esercito arrivando a raggiungere il grado di capitano. In un’intervista dichiarò di usare tattiche apprese in ambiti militari dal momento che “tra il comandare una squadra di calcio, un plotone o un reggimento esistono molte similitudini quanto ad organizzazione, disciplina, intesa e cooperazione”.

In tempi più recenti la sfida amichevole organizzata contro la nazionale haitiana a Port-au-Prince, nel 2004, conclusasi 6 a 0 per il Brasile è stato un evento fortemente voluto dall’ex presidente Lula tra l’alto per avviare un programma di disarmo della popolazione. In pratica, la consegna di un fucile avrebbe garantito un biglietto per lo stadio.

Il mondiale brasiliano oggi è soprattutto occasione di rilancio per la presidente Dilma Rousseff.  Durante la Confederations Cup del 2013, la classe politica rimase esterrefatta dalla vista di centinaia di migliaia di persone scese in piazza per protestare contro la corruzione istituzionale. Le proteste si scatenarono soprattutto a Rio. Dal mese di marzo molti militari sono stati schierati nelle favelas di Maré dove si annidano i trafficanti di droga e dove vivono persone in estrema povertà. Nel giugno 2008, nel complesso di Morro da Providencia, i soldati consegnarono tre ragazzi a una banda criminale, che li fece fuori. Amnesty International Brasile ha lanciato l’allarme sul rischio che l’occupazione militare di Maré possa essere il punto di partenza per altre operazioni similari.

Un’altra grana per la Rousseff è Petrobras. Nonostante i proclami propagandistici alcuni investimenti sbagliati hanno penalizzato la compagnia statale destinata a diventare leader mondiale nella produzione petrolifera. Da quando vennero sviluppate le prime piattaforme per l’estrazione petrolifera offshore, Petrobras ne ha fatta di strada. Oggi il piano industriale prevede in dettaglio che la produzione di petrolio e gas passi da 2,32 milioni di barili nel 2013 a 3,9 milioni nel 2018 e a 5,2 milioni nel 2020

La sfida carioca contro le altre nazioni non è solo per la conquista del Mondiale ma è allargata sul piano geopolitico per il rilancio delle ambizione brasiliane tra le potenze nascenti. Di sicuro i riflettori si accenderanno solo negli stadi di calcio mantenendo nell’oscurità vaste aree ricche di problematicità a cominciare dall’Amazzonia.

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