Ha il sapore di un’assoluzione la condanna inflitta lunedì a Emmanuel Giboulot (foto dal profilo Facebook), un produttore di vino della Borgogna, diventato punto di riferimento per i puristi del biologico in Francia. Era stato incriminato per essersi rifiutato di trattare le sue terre con un insetticida utilizzato per contrastare la flavescenza dorata, malattia contagiosa e mortale per la vigna. Quel tipo di intervento era stato imposto da una norma locale, nonostante la malattia non fosse presente nella Côte-d’Or, la zona di produzione (prestigiosissima) di cui Giboulot fa parte. E lui, per quel motivo, aveva detto di no. La legge prevede fino a sei mesi di carcere e una multa di 30mila euro per un reato del genere. Ma alla fine a Giboulot è stata imposta solo un’ammenda di appena mille euro, di cui 500 verranno annullati grazie alla condizionale.

Si tratta addirittura di una cifra nettamente inferiore al costo dello stesso trattamento, se l’agricoltore lo avesse realizzato. Insomma, il tribunale di Digione, nel cuore della Borgogna, sembra quasi aver dato ragione a Giboulot, diventato negli ultimi mesi una sorta di piccolo eroe degli ambientalisti d’Oltralpe. D’altra parte, già il 24 febbraio scorso, l’accusa si era pronunciata chiedendo una multa di appena mille euro. Lunedì intorno al tribunale si erano radunati tanti sostenitori del contadino “ribelle”, che apparivano delusi dopo la sentenza, perché speravano perfino in una vera e propria assoluzione. Questa, però, era giudicata da tutti impossibile, perché Giboulot ha in ogni caso infranto la legge. 

Subito dopo la sentenza Giboulot ha reagito con orgoglio. “Non mi sento per niente colpevole – ha detto –: è intollerabile che oggi ci si debba nascondere, che si debba avere paura di difendere fino in fondo le proprie posizioni”. Le idee dell’uomo sono quelle di un agricoltore che crede in maniera totalizzante al biologico e soprattutto al vino biologico, un prodotto che va sempre più di moda in Francia. Giboulot ha assicurato che continuerà a produrre vino al 100% bio nei suoi dieci ettari di terreno, coltivati a chardonnay e pinot noir. Una coppia di insegnanti della zona vicina, Véronique Thomas e Frédéric Mommée, presenti al momento del verdetto, hanno dichiarato al sito del quotidiano Le Monde che “vorremmo mangiare bio e respirare bio, perché qui abitiamo in mezzo alle vigne. Sì, bisogna rispettare la legge, ma solo quando questa è rispettabile”.

Il caso di Giboulot ha scatenato nel Paese un vero e proprio movimento d’opinione. Una petizione a suo favore, lanciata dall’Istituto per la protezione della salute naturale, un’associazione con sede a Bruxelles, ha raccolto in poco tempo più di 520mila firme, mentre una pagina Facebook dedicata alla vicenda ha già ricevuto oltre 120mila like.

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