L’arresto di Manlio Cerroni e compagnia non è affatto una buona notizia, mi trovo d’accordo con il post di Nello Trocchia.

Ho sempre pensato che non si debba essere contenti quando lo Stato utilizza il rimedio penale (che rappresenta per fortuna l’extrema ratio del sistema) per dare soluzione a un’attività illecita. Allo stesso modo, è triste per uno Stato che ritiene di porsi al livello dei grandi della Terra, dover lasciar risolvere alla magistratura penale nodi prettamente politico-amministrativi come la gestione dei rifiuti.

Che la vicenda della discarica di Malagrotta fosse assai “particolare” era evidente agli occhi di chi voleva vedere. Anche per uno come me che viene dalla provincia e che un giorno comincia a chiedersi il perché vi siano così tanti gabbiani in una città che non sta sul mare.

Insomma, al netto della posizione penale delle persone coinvolte nelle indagini, la situazione della discarica di Roma puzzava anche a livello semplicemente amministrativo.

Nonostante il Governo avesse fatto ricorso ai poteri extra ordinem, quelli che permettono di derogare anche alla legge per risolvere un caso d’emergenza e che, perciò, sono quasi illimitati, non è stato possibile e non si è voluto trovare una soluzione.

Da studioso di diritto la cosa che più mi ha reso perplesso è stata la qualificazione in termini emergenziali di una vicenda che dura da oltre 14 anni, in particolare leggere ordinanze in cui il Consiglio di Stato valutava il concetto di emergenza sulla base di parametri solo oggettivi, lasciando “in disparte la considerazione sulle ragioni che l’hanno determinata”: una sorta di legittimazione dell’uso dello strumento emergenziale in casi di semplice malamministrazione (1).

Da cittadino romano acquisito, la cosa che mi ha fatto indignare è stata vedere una delle zone più verdi di Roma, con tanto di allevamenti e coltivazioni, ridotta a un immondezzaio i cui miasmi si espandono per un’area che va dal Grande Raccordo alla Fiera di Roma (chi ha avuto la sventura di fare concorsi pubblici in quella zona converrà) e rinchiusa in un triangolo infernale con la raffineria e l’aeroporto di Fiumicino; interi quartieri come Massimina e Casal Lumbroso esasperati e preoccupati per la condizione insalubre dei luoghi.

Ma la cosa più grave è stata quella di sentire tante persone dire: “che la fai a fare la differenziata, che tanto a Malagrotta riuniscono tutto”. Ecco, questo pregiudizio cinico, che a volte si rivela azzeccato, è quanto di peggio possa accadere in un Paese come il nostro, con seri problemi di legittimazione dello Stato da parte dei cittadini. Un’abitudine a vedere il marcio e, di conseguenza, a giustificare il fatto di non agire secondo legge e buon senso.

Queste cose non sono cancellate né da uno né da cento arresti.

Detto questo, ecco un riepilogo necessario sugli aspetti che più mi hanno colpito della vicenda:

  • Malagrotta è tra le discariche più grandi d’Europa: 240 ettari circa, oltre 4500 tonnellate giornaliere di rifiuti (a pieno regime);

  • la situazione della gestione rifiuti è stata valutata in termini d’emergenza ai sensi della legge 225/1992, quella istitutiva della protezione civile dal 1999 ininterrottamente al 2008, e poi dal 2011 al 2013;

  • Numerosi sono stati i tentativi di costruire una nuova discarica, senza alcun risultato: Palidoro, Corcolle, a poche centinaia di metri da Villa Adriana, Quadro Alto, Monti dell’Ortaccio, Falcognana.

  • Procedure d’infrazione e sentenze europee: 2004, successivamente sospesa; 2011, che contestava il conferimento in discarica del “tal quale” (aspetto confermato candidamente anche dal Commissario dell’epoca Pecoraro) e giudicava non sufficiente il mero frazionamento e sminuzzamento dei rifiuti, mentre la normativa è chiara nel permettere il conferimento in discarica solo dei rifiuti trattati; il 14 giugno 2007, nel caso Commissione c. Italia C-82/06, la Corte condannava l’Italia “non avendo elaborato i piani di gestione dei rifiuti comprendenti i luoghi o gli impianti adatti per lo smaltimento dei rifiuti per la Regione Lazio, conformemente all’art. 7, n. 1, quarto trattino, della direttiva 75/442 (…)”.

1) Degli aspetti giuridici di questa vicenda, ne parlo in Poteri amministrativi straordinari: sui limiti alla discrezionalità amministrativa in materia ambientale in Rivista giuridica “Nel Diritto”, 2013, IX.

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