Due leghe nello stesso partito. In direzione opposta e contraria. Montecitorio, alle sei di sera. Si vota e si aspetta la sentenza su Berlusconi. Ma c’è chi pensa ad altro. Gianluca Pini, maroniano di ferro, tratta con la Kyenge per la partecipazione del ministro a una manifestazione leghista di sabato. Umberto Bossi esce dall’aula e va verso gli ascensori. L’ultima frontiera dello scontro tra lui e Maroni è questa.

Bossi, lei avrebbe invitato la Kyenge?
No, io non l’avrei fatto. Maroni sta sbagliando.

Perché sta sbagliando?
La Kyenge fa di tutto per non essere amata.

E le offese, le banane razziste?
In giro c’è sempre qualcuno che fa il pirla, ma il problema non sono i cretini che fanno queste cose.

Qual è il problema?
Il problema è politico.

Gli immigrati.
Vogliono smantellare la mia legge.

Sua e di Gianfranco Fini.
La Bossi-Fini è l’unico baluardo rimasto contro l’immigrazione clandestina.

Perciò i leghisti ce l’hanno tanto con la Kyenge?
Certamente, per loro la Bossi-Fini non si tocca.

Bossi si interrompe. È in piedi. Sembra in buona forma. L’assistente gli ricorda che deve votare in aula. Ritorna dopo un’ora. Mezzo sigaro tra le mani. Il Transatlantico è pieno di capannelli in cui si fanno previsioni per il totoCassazione, l’ossessione che da giorni divora il Pd e il Pdl. Il Senatùr si siede e fuma.

Quest’invito alla Kyenge non le scende giù.
È incomprensibile, la nostra gente non capisce.

La Lega vuole dialogare con il ministro, oltre le offese.
Non si dialoga, c’è solo un baluardo.

La Bossi-Fini.
Questo governo vuole far saltare tutto, aprendo le porte ai clandestini.

La Kyenge aspetta una telefonata di Maroni.
Sbaglia, sbaglia. Io non le telefonerei. Non deve venire a una nostra festa chi vuole distruggere la mia legge.

Da Il Fatto Quotidiano del 1 agosto 2013

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