Da quando lavoro nella scuola, e sono ormai più di vent’anni, raramente, che io ricordi, mi è capitato di sentirmi così in sintonia con il ministro di riferimento come mi è successo qualche giorno fa ascoltando le ultime dichiarazioni del ministro di Profumo. Il ministro ha parlato dell’ora di religione nella scuola pubblica definendola ormai insensata e si è detto favorevole all’opportunità di modificarne i contenuti in un corso di storia delle religioni o di etica. Del tutto sensate mi sono parse anche le motivazioni, e cioè l’ aumento esponenziale nelle classi italiane degli alunni stranieri, che per l’80% non sono di fede cristiana, e la necessità di adeguare l’offerta formativa alla nuova realtà.

Devo confessarlo, ho sentito come un brivido, del tipo di quelli che mi attraversano quando l’Inter solleva una coppa o un atleta italiano vince l’oro olimpico. Un brivido di orgoglio, di appartenenza…In quell’istante mi sono sentito vicino alle istituzioni e avrei quasi abbracciato il ministro; improvvisamente il suo pallore lunare mi è parso segno di assidua applicazione ai problemi della scuola, la sua pacatezza mi è sembrata la naturale modestia che spesso accompagna gli uomini geniali.

Personalmente, ho sempre considerato la cosiddetta ora di religione una prova muscolare del Vaticano nei confronti dello Stato italiano, uno dei capitoli, quello contemporaneo, della millenaria lotta per le investiture che sembra ancora oggi la traccia privilegiata della politica “estera” vaticana.

Mi è sempre sembrato ingiusto, per principio, che la scuola pubblica di uno stato laico dovesse garantire una, ed una sola, confessione religiosa, ancorché maggioritaria.

Ma se fino a qualche anno fa la cosa si poteva classificare come un’innocua ingiustizia, un lacerto medievale quasi pittoresco, ora, da quando, negli ultimi anni, la scuola ha cominciato ad accogliere sempre più alunni stranieri (nella mia sono circa il 50%) questa ingiustizia appare ancora più grave: proprio mentre la scuola è chiamata con urgenza ad attivare percorsi di integrazione per costruire i futuri cittadini italiani multietnici il mantenimento dell’insegnamento del cattolicesimo risulta in controtendenza, un ostacolo, un fattore disaggregante.

Tra le reazioni, allora, all’inaspettata proposta del ministro, dal becero “ci toccherà insegnare la religione islamica” della Lega al massimalismo della sinistra (“ d’accordo, ma c’è tutto il resto”) alla melina interessata del centro cattolico (il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura: “sì” alla proposta del ministro del ministro Francesco Profumo sull’ora di religione, ma con la certezza che essa deve restare cristiana come stabilito dagli accordi concordatari”), la risposta più deludente e pilatesca è stata quella venuta dal Pd che, per bocca del rappresentante scuola, ha liquidato la questione definendola una boutade.

Non so se la proposta di Profumo sia frutto di una bevuta di troppo, o di un calcolo politico, o di una mossa concordata col Vaticano per assicurare il futuro agli insegnanti di religione ormai assunti dallo stato; so che il problema è estremamente serio e non più eludibile, e gradirei che il partito che si candida a rappresentare il futuro governo del paese non si nascondesse dietro le parole ma esprimesse una posizione chiara e, se possibile, di respiro moderno. Altrimenti si rischia, come sta di fatto succedendo, che della cosa non si parli più, che venga come ogni battuta, come ogni boutade, presto relegata nel dimenticatoio. E tra qualche anno saranno più gli alunni che si aggireranno per i corridoi e coveranno una sensazione di esclusione (la cosiddetta “ora alternativa”, legata alla disponibilità di fondi, non è per nulla garantita) dei fortunati ospitati in classe. Un bell’esempio di integrazione, di modernità, di lungimiranza.

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