L’Italia è quel Paese in cui l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini può dire all’ex ministro della Giustizia Angelino Alfano che è necessario fare pulizia nel loro partito, il Pdl, perché “non voglio avere accanto a me affiliati alla camorra”.

Entrambi avevano ruoli di potere centrali nel Governo Berlusconi (dimissionato tre mesi fa, praticamente ieri), entrambi hanno ruoli di potere centrali nel loro partito. E oggi discutono di infiltrazioni della criminalità organizzata come se fossero chiacchiere da bar.

Prima di tutto, ritengo stomachevole l’ipocrisia di Frattini. Ci sono due opzioni: o i mafiosi sono entrati nel Pdl negli ultimi tre mesi, praticamente da quando si è insediato Monti, o Frattini è stato ministro grazie a un partito con i mafiosi al suo interno e non ha ritenuto di doverlo denunciare, né di dover rinunciare all’incarico.

In secondo luogo, trovo preoccupante la risposta di Alfano. Davanti a un’accusa del genere, un segretario di partito dovrebbe sentire il bisogno di smentire immediatamente, con tanto di prove. Se ciò non è (ancora) accaduto, forse è perché non è possibile smentire, e allora Frattini dice il vero: il Pdl è contaminato dalla criminalità organizzata. E non lo dice un giornalista, un cittadino, un oppositore politico o un magistrato: lo dice un insider.

Il pupillo di Berlusconi, nel frattempo, prende tempo, annunciando l’annullamento dei congressi laddove ci siano stati episodi di illegalità. Come se un partito potesse prevedere regole diverse da provincia a provincia, o come se la mafia nel Pdl in una regione non sia un problema che riguarda il partito e i suoi dirigenti a livello nazionale.

Ciò che mi lascia incredulo è che in questi casi mai nessuno parla di punizioni, di espulsioni, di pulizia, di trasparenza. Questa storia restituisce un messaggio veramente preoccupante: la democrazia nei partiti non è garantita. Anzi, è un optional. Che spesso si compra. E se pensate che i partiti sono gli unici luoghi della rappresentanza, cioè le uniche organizzazioni che esprimono candidature (in Parlamento, ad esempio), capite bene che neanche una riforma della legge elettorale o un governo tecnico potrebbe essere sufficiente a risanare la politica.

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