Discutibile dal punto di vista morale, scarsamente rilevante sotto il profilo finanziario, sostanzialmente controproducente, con ogni probabilità, sotto quello sistemico e diplomatico. Nasce sotto i peggiori auspici il nuovo scudo fiscale greco, il provvedimento legislativo approvato dal parlamento ateniese con l’obiettivo di rastrellare nuova liquidità per le disgraziatissime casse statali. Per il governo si tratterebbe di un’iniziativa indispensabile, ma gli osservatori internazionali non sembrano convinti. E così, lungi dal rassicurare gli investitori, l’ultima disperata mossa dell’esecutivo – i cui membri in passato si erano detti contrari a simili iniziative – rischia ora di alimentare nuove preoccupazioni. Decisamente l’ultima cosa di cui la Grecia pare avere bisogno.

Il meccanismo è quello di sempre. Garantire l’immunità ai cittadini che denunciano i capitali evasi pagando una percentuale contenuta sull’ammontare complessivo. Un sistema collaudato che, secondo il Financial Times, potrebbe far entrare nelle casse greche un paio di miliardi nel prossimo biennio. Fatti i conti si tratterebbe in definitiva di una cifra piuttosto bassa soprattutto alla luce dell’impietoso confronto con il valore dell’evasione fiscale. Si stima che nell’ultimo decennio i cittadini greci abbiano sottratto illegittimamente allo Stato qualcosa come 35 miliardi di euro. Gli evasori, in altre parole, sarebbero ora pronti a cavarsela decisamente con poco.

Fondo Monetario Internazionale, Bce e Commissione Ue, rileva ancora il quotidiano britannico, non sembrano affatto apprezzare la scelta di Atene. Un problema non da poco, visto che i destini della Grecia sono ormai strettamente dipendenti dalle decisioni e dagli umori dei suoi soccorritori. La “troika” ha elargito al Paese un maxi aiuto da 110 miliardi ma nel farlo ha preteso garanzie. Nei patti si parla di tagli alla spesa e ristrutturazione del debito ma anche di lotta alla corruzione e all’evasione. Un compito, quest’ultimo, che Atene non sembra aver preso ancora sul serio. Nel recente passato il partito socialista si era espresso con enfasi contro l’ormai abitudinario ricorso alle amnistie fiscali promettendo una svolta nella gestione del problema. Il cambio di opinione, che avviene ad appena un anno di distanza dalla vittoria elettorale, lancia ora un chiaro messaggio agli evasori. Continuate pure ad occultare i capitali, insomma, la tradizione dei condoni non verrà mai meno.

L’operazione, da questo punto di vista, appare pericolosissima. Quello della corruzione, in Grecia, non è certo un problema collaterale quanto, piuttosto, una vera e propria minaccia sistemica. Qualche mese or sono Aris Syngros, direttore della filiale greca dell’organizzazione non profit Ue Transparency International, definì la diffusa illegalità come la principale causa della crisi ellenica e la lotta alla corruzione come condizione necessaria per l’avvio della ripresa. Nel 2009, ricordò nell’occasione Syngros, i cittadini greci avevano pagato tangenti per almeno 800 milioni di euro, 40 in più rispetto all’anno precedente. Le cifre, per altro, non tenevano conto della corruzione condotta ad alti livelli né della stessa evasione fiscale.

La delusione per le politiche anticorruzione di Atene, a rigor di logica, potrebbe ora diffondersi ancor di più presso gli investitori internazionali. Gli stessi, per intenderci, che dai tempi dello scandalo dei derivati Goldman, non prendono più troppo sul serio i dati di bilancio che la Grecia comunica periodicamente. Un bel guaio per un Paese che ha un bisogno assoluto di investimenti stranieri per rilanciare un’economia decisamente depressa. Secondo le ultime stime, il Pil greco dovrebbe contrarsi di 3,7 punti percentuali alla fine del 2010.

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