Da parecchi anni, l’associazione Incompiuto siciliano conduce una ricerca, del tutto originale e provocatoria, sul fenomeno delle opere incompiute. È una costellazione di moderni ruderi che dominano il paesaggio del XXI secolo non soltanto in Sicilia, ma anche in tutto il paese. Un vero e proprio stile architettonico che interpreta, come nessun altro, l’architettura italiana dal secondo dopoguerra ai giorni nostri.

Non conosco personalmente il gruppo, ma sono convinto che questi giovani, promuovendo un osservatorio nazionale sul fenomeno delle architetture pubbliche incompiute, stiano rendendo un servizio vitale a questo paese. In otto anni di ricerca hanno individuato un sistema nazionale di opere incompiute che suscita subito indignazione, poi fa riflettere fino ad apprezzarne il valore di paradigma. Sono più di 750 opere incompiute su tutto il territorio italiano, 350 delle quali in Sicilia, ma soltanto perché da lì è partita l’iniziativa. Un sistema diffuso su tutto il territorio nazionale e, a mio parere, ancora tutto da scoprire.

Le opere incompiute emergono quali luoghi di una memoria collettiva ancora da indagare. Nate come rovine e prodotte da un tempo compresso, sono architetture che danno forma al paesaggio. Così affermano i giovani architetti e artisti che si sono prodigati in questa sfida: “Attribuire all’Incompiuto un significato artistico e architettonico significa escogitare un altro modo di leggere questi luoghi, riconoscendo le opere incompiute come risorse per il territorio”.

Ora il gruppo vorrebbe pubblicare un volume sullo stile, dal titolo: Incompiuto – La nascita di uno Stile. Sarebbe la prima documentazione-catalogo fotografico di tutte le opere incompiute in Italia. Un viaggio, un Grand Tour tra queste rovine contemporanee, bellezze dello stile dell’Incompiuto. E promette di mettere tutto il materiale a disposizione di tutti, sul nuovo sito di incompiutosiciliano.org, il primo osservatorio e archivio sul fenomeno dell’incompiuto, rinnovato in accessibilità e informazioni. Perciò, il gruppo ha lanciato una campagna di crowdfunding. Un mese e mezzo, dal 17 aprile al 31 maggio, durante il quale il gruppo di lavoro sta girando l’Italia a documentare le opere incompiute e incontrare le realtà che sul territorio lavorano su questi temi.

La Pietà Rondanini di Michelangelo Buonarroti, forse la scultura incompiuta più famosa del mondo che l’artista aveva pensato da collocare sulla propria sepoltura, fu acquistata nel 1952 dai milanesi con una pioneristica iniziativa di crowdfunding, promossa dalla sopraintendente Fernanda Wittengs, per 130 milioni di lire (circa 2 milioni di euro odierni). Con Incompiuto italiano tutto si moltiplica e l’opera diventa virtuale, ma pur sempre frutto di una sostanza reale, anzi diffusamente ingombrante. E, partecipando alla campagna e alla nascita dello stile dell’Incompiuto, il benefattore prenota anche una copia del libro.

Il prossimo passo, che spero qualche altro giovane di buona volontà vorrà intraprendere, sarà l’Osservatorio delle grandi opere virtuali, ossia le opere pubbliche già costate un patrimonio alla nostra comunità ma che non hanno visto neppure la posa della prima pietra: non soltanto il mitico Ponte sullo stretto, ma una moltitudine inespressa, tuttora inesplorata. Il nuovo stile italiano 4.0.

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