Rileggendo a mente fredda quanto avvenuto a Follonica, si prende atto di quanto la lotta alla discriminazione in Italia sia ferma all’anno zero. Due esseri umani calpestati nella loro dignità e discriminati tre volte, in quanto donne, straniere e rom mentre Matteo Salvini si frega le mani accompagnato, salvo rare eccezioni, dalla complicità silenziosa di politici, di intellettuali e di quelle istituzioni preposte alla lotta verso la discriminazione.

Lo strumento principe – adottato dall’Italia nel 2012 – per combattere la discriminazione nei confronti delle comunità rom è la Strategia nazionale per l’inclusione dei Rom che però è stata definitivamente sepolta il 20 febbraio scorso, in concomitanza con le dimissioni annunciate da parte del direttore Francesco Spano dell’Unar (Ufficio nazionale antidisciminazioni razziali della Presidenza del Consiglio). E’ avvenuto poche ore prima l’increscioso “ingabbiamento” delle due donne.

Sono poche le istituzioni italiane che hanno conosciuto un travaglio così faticoso come l’Unar. L’Ufficio, preposto al contrasto verso ogni forma di discriminazione razziale, è nato nel 2004 e 8 anni dopo è stato individuato dal governo come Punto di contatto nazionale per l’implementazione della Strategia nazionale per l’inclusione dei rom.

In Europa ogni Paese ha un Ufficio che si occupa di contrastare le discriminazioni. Si tratta in tutti i casi di organismi necessariamente indipendenti, il cui direttore non è di nomina politica, con mandato e obiettivi propri, con libertà massima e totale autonomia. In Italia non è così, visto che il nostro è l’unico Paese nel quale l’Ufficio corrispettivo – nel nostro caso l’Unar – è alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio. Quando l’Unar è stato nominato come Punto di contatto per l’applicazione della Strategia, il direttore era Massimiliano Monnanni, che si è distinto subito per attivismo e competenza. Il suo contratto è presto giunto a scadenza e lui, colpevole forse di lavorare con metodo e intelligenza, non è stato rinnovato. Al suo posto, nel 2008 è subentrato il dirigente pubblico Marco De Giorgi che però, dopo reiterati attacchi di Giorgia Meloni – oggetto di richiami da parte dell’Unar per messaggi ritenuti discriminatori – è stato allontanato dall’allora nuovo governo Renzi.

Dopo un periodo nel quale, in assenza di un nuovo direttore, l’Unar è risultato svuotato di funzione e personale, è stata la volta dell’avvocato Spano. Con lui l’Ufficio si è rimesso in moto e anche la Strategia nazionale per l’inclusione dei rom, rimasta “dormiente” per diversi anni, ha dato i suoi primi segnali di vita. Poi, il 20 febbraio, le dimissioni.

La Strategia per l’inclusione dei rom è stata scritta dall’Unar e dallo stesso Ufficio è implementata, supportata e declinata nei diversi territori. Il suo destino è quindi strettamente legato a quello dell’Unar che non potrà mai sopravvivere a se stesso fino a quando quello dell’indipendenza non diventerà il suo criterio fondante. Negli ultimi anni lo hanno ripetuto invano, a chiare lettere, diversi organismi internazionali tra Comitati delle Nazioni unite, organizzazioni e uffici della Commissione europea.

Forse è arrivato proprio il momento di guardarci negli occhi e di dirci la verità raccontandola anche all’Europa: in Italia la lotta alla discriminazione interessa poche persone e qualche associazione. E’ piuttosto il sassolino che infastidisce quanti corrono verso facili populismi e chi, davanti a problemi complessi, risponde con gli slogan che, gettati nella latrina dei social, intercettano valanghe di like. Lo abbiamo visto anche di recente, scorrendo i nomi dei politici che per primi hanno invocato la chiusura dell’Ufficio dopo lo scandalo sollevato da “Le Iene”. Gli stessi che, cavalcando i fatti di Follonica con un cinico gioco al rialzo, sono avanzati nella classifica della visibilità. Le due vicende, accadute nei medesimi giorni, sono strettamente connesse tra loro e consequenziali l’una all’altra.

Sarebbe più onesto chiudere definitivamente l’Unar e non scomodare più stralci della Strategia quando amministratori locali intendono scrivere linee di programmazione politica. In fondo il video girato dai dipendenti della Lidl è solo una goliardata. Tutto sommato in Italia un Ufficio per lottare contro la discriminazione non serve, i diritti umani sono un’optional e la Strategia per l’inclusione dei rom è solo il compitino assegnatoci dall’Europa che abbiamo riposto nel cassetto subito dopo averlo scritto.

Oppure, per una volta volta, cominciamo a fare i seri.

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