Mentre il premier Gentiloni celebra l’accordo raggiunto con Serraj per la questione migranti, avanza sullo scacchiere geopolitico il fantasma di un’Italia sempre più sola. Innanzitutto Roma ha appena rinnovato per tutto il 2017 l’Operazione Ippocrate, al costo di 43,6 milioni di euro, sull’onda della richiesta di Misurata. Mantenere quindi una base in Libia inizialmente fondamentale da un punto di vista logistico-sanitario oggi invece sempre più base strategica per obiettivi ancora da decifrare. Una decisione che solo il tempo dirà quanto appropriata.

L’intesa rappresenta comunque un altro passo in avanti rispetto al coinvolgimento in Libia dell’Italia, unico Paese occidentale ad aver riaperto finora la propria sede diplomatica a Tripoli, come ha ricordato Gentiloni, sottolineando tuttavia che si tratta soltanto di “un pezzo del progetto che dobbiamo sviluppare”. Serraj da par suo ha riconosciuto il carattere strategico delle relazioni bilaterali, aggiungendo che sono in corso anche “trattative per accordi economici che rappresenteranno una soluzione quotidiana ai problemi dei nostri cittadini”.

Ma se da un lato l’Italia si fa spazio nel giardino di casa propria puntando ad un ruolo fondamentale nel Mediterraneo dall’altro spaventa l’asse russo-turco che potrebbe sconvolgere i piani nostrani. Intanto cresce l’attesa per i colloqui del Cairo tra al-Sarraj e Haftar con la mediazione del presidente egiziano al-Sisi. Accanto a ciò l’ipotesi che a Tripoli riprenda il sopravvento Khalifa Ghwell creando i presupposti per un negoziato, già anticipato dallo stesso Ghwell, con il maresciallo Haftar. Nel suo precedente incontro con il ministro degli Esteri Lavrov, Haftar aveva dichiarato: “Speriamo di eliminare il terrorismo con il vostro aiuto nel prossimo futuro”, in una chiara richiesta per il sostegno militare e logistico russo.

Tuttavia, il portavoce ufficiale per il Cremlino, Dimitry Peskov aveva rifiutato di confermare se tale supporto militare fosse imminente. Sull’altra sponda quella americana Donald Trump ha gradito il blocco alle rotte dei migranti ma non è andato oltre. Del resto nel corso della sua campagna elettorale, il presidente Usa aveva criticato aspramente le politiche dell’amministrazione Obama in Libia. I sostenitori di Haftar avevano celebrato e salutato l’elezione di Donald Trump come una buona notizia, basandosi sul presupposto della collaborazione di Trump con Putin per una soluzione in Libia a danno di Serraj.

Di sicuro l’Italia non può sottovalutare il fantasma russo in Libia. Le relazioni bilaterali tra la Russia e la Libia dopo un periodo di calma si sono risvegliate nel 2008, quando proprio Putin decise di  annullare alcuni dei debiti della Libia in cambio di nuovi accordi commerciali tra i due paesi. Si parlò di 10 miliardi di dollari incluse nuove armi e la costruzione di un nuovo tratto ferroviario di 600 km tra le città di Bengasi e Sirte. Pur sostenendo un governo nato da un accordo nazionale l’inclinazione di Putin verso Haftar appare oggi più che ieri maggiormente evidente, confermata anche dalla visita del generale sulla portaerei russa ammiraglio Kuznetsov che transitava al largo della Cirenaica lo scorso gennaio.

Serraj insieme a Gentiloni rischiano di essere forti nel tratto di mare che li separa ma fuori da quei confini degli ottimi bersagli per altri attori.

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