E’ stato il più fedele dei renziani, l’ultimo a mollare, il primo delegato del rottamatore dentro il governo Gentiloni. Si è speso in prima persona per il al referendum, per Renzi in pochi mesi ha mollato prima la delega al commercio estero al governo per fare l’ambasciatore a Bruxelles e poi tornare dopo poco come ministro dello Sviluppo al posto della Guidi. Ma ora Carlo Calenda non sceglie più la linea di Matteo Renzi. Piuttosto sceglie quella di Giorgio Napolitano. E, guarda caso, anche della parte del Pd avversa al segretario. “Andare alle elezioni a giugno o peggio ad aprile rappresenta a mio avviso un serio rischio per la tenuta del Paese” dice, in un parere da tecnico indipendente, il ministro Calenda in un’intervista al Corriere della Sera. Opinione tecnica che, precisa lui stesso, è “a titolo personale, non essendo iscritto ad alcun partito”. Tuttavia il ministro dello Sviluppo ricorda che da qui a giugno “il governo avrà una serie di appuntamenti ineludibili: bisognerà attuare le iniziative per stabilizzare il sistema bancario, andrà implementato il piano Minniti sull’immigrazione per fronteggiare gli sbarchi estivi, andrà impostato il lavoro sulla ricostruzione nelle aree terremotate, andranno fronteggiate alcune difficili e fondamentali crisi industriali”. Una serie di parole-chiave già delineate come priorità dallo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Per questo “pensare di gestire tutto ciò e molto altro con un esecutivo dimissionario, nel mezzo di una campagna elettorale, mi pare un azzardo”.

Il ragionamento di Calenda entra nella carne del problema: “Potremmo forse pensare di correre il rischio se all’orizzonte si profilasse la vittoria netta di uno degli schieramenti”, invece si rischia “uno stallo ‘alla spagnola’ che consegnerebbe l’Italia all’ingovernabilità. In questo contesto il rischio che lo spread acceleri la salita già iniziata mi sembra molto concreto”. A livello internazionale, inoltre, “l’Italia rischia di diventare l’anello fragile di un Occidente diviso e sbandato. E un governo dimissionario che presiede il G7 ne sarebbe una plastica rappresentazione”. Calenda propone quindi di usare i prossimi mesi per “mettere in sicurezza i dossier più difficili”, lavorare a “una legge elettorale solida e condivisa“, e iniziare sulla Finanziaria “un confronto con la parte più responsabile dell’opposizione, per presentarci ai mercati in modo forte e coeso”.

Tutto questo mentre in queste ore Calenda continua a essere l’astro nascente agli occhi della comunità internazionale e mentre ieri Napolitano ha detto che in un Paese normale si va al voto al termine della legislatura. E nel Pd la prima reazione è del senatore della minoranza del Pd Miguel Gotor, che è come dire Pierluigi Bersani: “Il percorso politico e istituzionale che traccia per mettere in sicurezza il Paese” scrive su facebook. “Ci troviamo – sottolinea il parlamentare – in una fase delicata della vita italiana e il peccato peggiore è l’ignavia di quanti sanno quello che dovrebbero fare, ma allargano le braccia facendo credere che sia inevitabile ciò che in realtà inevitabile non è. Servirebbero un po’ di coraggio politico in più e la capacità di mettere davanti agli interessi di fazione quelli reali del Paese, due qualità che colgo nell’intervento del ministro dello Sviluppo economico di oggi”.

Contro Calenda, naturalmente, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini: “Ci riprovano con le minacce – scrive su facebook – Il ministro dello ‘sviluppo economico’ (di chi?), l’amico dei vertici di Confindustria (quelli del Sì al referendum), l’esecutore degli ordini di Bruxelles, il signor Calenda, dichiara che l’Italia è “a rischio” se ci fossero elezioni a giugno… paura di perdere la poltrona? E mentre lui parla, disoccupazione, debito e povertà crescono”.

 

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