Confermate tutte le accuse per Mario Mantovani, l’ex vicegovernatore della Lombardia arrestato lo scorso 13 ottobre e dal 20 novembre agli arresti domiciliari nella sua villa di Arconate, nel milanese, dove è stato sindaco per tredici anni fino al 26 maggio 2014. Ieri il pubblico ministero titolare dell’inchiesta denominata ‘Entourage’, Giovanni Polizzi, ha notificato a Mantovani l’avviso di conclusione delle indagini, mettendo nero su bianco le ragioni dell’accusa: corruzione, concussione e turbativa d’asta, cui si è aggiunto un nuovo capo d’imputazione (abuso d’ufficio) per due questioni che riguardano l’ex sindaco Mantovani, il quale secondo la Procura provocò un ingente danno patrimoniale ai cittadini di Arconate in due occasioni: la compravendita di una palazzo del ‘600 e la costruzione di una casa di riposo.

Il pm si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per il politico berlusconiano e per altri dodici indagati (fra cui il commercialista di Mantovani e tre suoi manager): ciò potrebbe avvenire prima della fine dell’anno o, al massimo, a gennaio 2016. La Procura sta procedendo a ritmi elevati, segno di sicurezza rispetto ad accuse che il pm Polizzi sembra convinto di poter dimostrare con relativa facilità, forte di un lavoro capillare svolto dal Nucleo tutela spesa pubblica della Guardia di finanza di Milano, che negli ultimi due anni ha raccolto un gigantesco patrimonio investigativo fatto di testimonianze, telefonate, atti delle pubbliche amministrazioni e documenti bancari, oltre che analisi dei bilanci di fondazioni, cooperative e società fiduciarie riconducibili a Mantovani.

Un dettaglio, però, preoccupa la Procura di Milano: la reale efficacia degli arresti domiciliari dell’ex vicepresidente lombardo. Tanto che il pm Polizzi ha scritto al comandante della stazione dei carabinieri di Busto Garolfo, il maresciallo Gianluca Bruni, per invitarlo a prestare particolare attenzione nella sorveglianza dell’arrestato. Il motivo è semplice: l’abitazione di Mantovani confina con il suo ufficio politico, già sede di cooperative a lui riconducibili, che è di fatto aperto al pubblico. Ne discende che chiunque, recandosi in quegli uffici, potrebbe agevolmente raggiungere la casa del politico attraversando il cortile, senza essere visto né controllato da nessuno.

Arresti domiciliari colabrodo? Questo sembra essere il timore degli inquirenti, anche perché nei citati uffici lavorano due fedelissimi del politico di Forza Italia: Maria Angela Gorla (la cui casa fu perquisita il giorno dell’arresto) e Fabio Gamba, autista-tuttofare di Mantovani e consulente dalla Regione (pur avendo 22 anni e un diplomino al liceo di Arconate vanta un incarico al Pirellone per “l’analisi dei costi farmaceutici degli ospedali lombardi”, senza alcuna competenza in materia). Lo stesso figlio dell’ex vicegovernatore, Vittorio Mantovani, ha di recente dichiarato a un giornale locale di “far visita tutti i giorni” al padre. Se si considera che il figlio Vittorio riveste cariche importanti nelle cooperative di famiglia e che non risiede nella casa paterna, allora forse si comprende meglio la preoccupazione dei magistrati circa il rischio che gli arresti domiciliari non siano una misura sufficiente per impedire a Mantovani di comunicare con l’esterno.

Ma ormai siamo alle battute finali di un’inchiesta partita nel 2012, che vede Mantovani a capo di una fitta rete di fedelissimi piazzati al vertici della Regione, delle Asl e del Ministero delle Infrastrutture allo scopo, secondo la Procura, di commettere “una pluralità di reati” e portare benefici economici a se stesso. Inoltre, all’avviso di conclusione delle indagini, il pm allega una significativa tabella, dove elenca tutte prestazioni (progetti, perizie, ristrutturazioni, pratiche edilizie) che l’architetto Gianluca Parotti, amico del politico avrebbe reso – senza essere pagato ma a fronte di lavori o di promesse di lavori negli enti pubblici – a Mantovani, alle sue cooperative e alla sua famiglia. La Procura calcola che queste prestazioni valgono 263.977,29 euro. Da ciò una delle accuse più pesanti, quella di corruzione.

LA REPLICA DELL’UFFICIO STAMPA MANTOVANI

Gentile direttore,
ilfattoquotidiano.it ha pubblicato un articolo, a firma Ersilio Mattioni, dal titolo «Mario Mantovani, chiuse le indagini. Allarme del pm sui contatti dai domiciliari»  che si regge, in tutta evidenza, su un presupposto destituito di ogni fondamento.

Si tratta quindi non solo di una non-notizia ma di una pubblicazione che altera la verità, offendendo anche la correttezza e il rispetto che il senatore Mantovani, non da oggi, ha sempre avuto nei confronti delle istituzioni e in particolare dell’autorità giudiziaria.

 Nell’articolo, si legge, inoltre: «Un dettaglio, però, preoccupa la Procura di Milano: la reale efficacia degli arresti domiciliari dell’ex vicepresidente lombardo. Tanto che il pm Polizzi ha scritto al comandante della stazione dei carabinieri di Busto Garolfo, il maresciallo Gianluca Bruni, per invitarlo a prestare particolare attenzione nella sorveglianza dell’arrestato. Il motivo è semplice: l’abitazione di Mantovani confina con il suo ufficio politico, già sede di cooperative a lui riconducibili, che è di fatto aperto al pubblico. Ne discende che chiunque, recandosi in quegli uffici, potrebbe agevolmente raggiungere la casa del politico attraversando il cortile, senza essere visto né controllato da nessuno. Arresti domiciliari colabrodo? Questo sembra essere il timore degli inquirenti, anche perché nei citati uffici lavorano due fedelissimi del politico di Forza Italia (…)».

Al momento dell’individuazione dell’abitazione di Mario Mantovani quale sede dove svolgere il periodo di custodia cautelare a domicilio, il problema non si è posto: lo stato dei luoghi era ben noto alle stesse forze dell’ordine fin dal momento dell’arresto del senatore. Il pm Polizzi, per parte propria, ha mostrato di non rilevare alcun problema al corretto svolgimento dei domiciliari, che infatti sono stati concessi, e in merito alla presenza di persone estranee ai familiari di Mantovani, il pubblico ministero ha anzi annotato, il 26 novembre scorso, che «nulla osta a che lavoratori dell’ufficio politico di Mantovani accedano ai relativi locali».

Il resto, caro direttore, attiene al piano della fantasia, più o meno animata da buoni propositi, di chi ha firmato il pezzo in questione, che non ha mancato nell’articolo di mostrare ampiamente la propria ostilità a Mantovani. Ma, si sa, un buon giornalista separa fatti da opinioni. È singolare doverlo ricordare al Fatto Quotidiano.

Andrea Camaiora
Ufficio stampa Sen. Mario Mantovani

LA RISPOSTA DELL’AUTORE DELL’ARTICOLO
Caro Camaiora, non è il fattoquotidiano.it la sede cui rivolgere questa lagnanza, in quanto ci siamo limitati a riportare una notizia vera, cioè una comunicazione scritta del Pubblico ministero alla stazione dei Carabinieri di Busto Garolfo. In detta comunicazione il Pm invitava a prestare particolare attenzione nello svolgimento della sorveglianza degli arresti domiciliari, in quanto l’abitazione di Mantovani confine con gli uffici politici dello stesso. Nessuna ostilità, soltanto un doveroso resoconti dei fatti.

Cordialmente,
Ersilio Mattioni

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