Silvia Ferrante è abruzzese ma era andata a vivere a Roma con il suo compagno. Poi è nato Libero, il loro figlio, e cinque anni fa hanno scelto di trasferirsi in Abruzzo, in un paese che si chiama Paglieta. Poco dopo è cominciata la loro battaglia. Silvia si è vista infatti chiedere dal gruppo Terna (il colosso italiano di reti per la trasmissione dell’energia) ben 16 milioni di euro di risarcimento, frutto di 24 citazioni in sede civile.

In Abruzzo Terna sta costruendo un elettrodotto ad alta tensione che collega Villanova a Gissi. L’autorizzazione è del 2013, e Silvia è tra quelle persone che hanno contestato fin da subito la costruzione dell’impianto, il suo potenziale impatto ambientale e sanitario, la sua utilità. E poi c’è quel vistoso traliccio spuntato proprio a pochi metri da casa sua. Sit-in, resistenze pacifiche, richieste di accesso agli atti: si è svolta in questi termini la battaglia di “cittadinanza attiva” contro l’elettrodotto, racconta la donna. “Mi accusano di aver impedito, con violenza, la presa di possesso dei terreni da espropriare da parte dei funzionari del colosso energetico. Mi accusano anche di interruzione di pubblico servizio, quando io e gli altri attivisti non abbiamo fatto altro che presenziare, laddove chiamati dagli stessi proprietari delle terre – spiega a ilfattoquotidiano.it Silvia Ferrante, insieme al compagno Luca – Anche solo per testimoniare quello che accadeva: bisognava esserci per raccontare l’arroganza di quei tecnici. Un atteggiamento da fine Ottocento”.

Adesso Terna le chiede 16 milioni di euro di danni; e di certo saranno un salasso le spese legali. Eppure Silvia Ferrante non si è pentita di essere tornata a vivere in Abruzzo. “Si diceva che l’Abruzzo fosse la regione verde d’Europa, e in effetti, fino a pochi anni fa, era così. Ma ora è stata declassata a distretto minerario, a eldorado della speculazione – aggiunge la Ferrante – No, noi non ce ne andiamo, e non ci arrendiamo. Nonostante quel traliccio minaccioso che confina con la nostra casa, la nostra vigna e la casetta con l’albero che abbiamo tirato su per nostro figlio”.

Ottanta metri di separazione, quindi conformemente alla legge, “ma l’elettrosmog ci fa terrore, soprattutto per il futuro di Libero”. La richiesta di risarcimento multimilionario l’ha scioccata: “Ventiquattro denunce, e per una cifra simile… E’ un atto contro una cittadina che vuole difendere il diritto alla salute e alla salvaguardia del territorio. Un atto intimidatorio contro chi vuole decidere legittimamente del proprio futuro”.

Insieme a Silvia sono state citate in giudizio altre decine di persone. A schierarsi in loro difesa, i sindaci di Lanciano, Paglieta e Castel Frentano, che hanno depositato ricorsi contro l’opera. “Silvia Ferrante è una donna, mamma e cittadina coraggiosa d’Abruzzo. Non basterà tutta l’arroganza del mondo, né tantomeno 24 denunce per 16 milioni di euro, a vincere il suo sorriso e il suo amore per la nostra terra – queste le parole del sindaco di Lanciano Mario Pupillo -. Noi saremo al suo fianco, con ancora maggiore convinzione dopo le innumerevoli volte in cui abbiamo gridato il nostro No a un’opera che, oltre ad essere stata calata dall’alto, ritengo anche inutile”.
Il comitato “No Elettrodotto Villanova-Gissi” lamenta anche il fatto che questo sia un “gigante dai piedi d’argilla”, visto che dovrebbe per un terzo essere realizzato in aree alluvionali e a forte rischio idrogeologico. E sono parecchi i proprietari che si oppongono all’esproprio del proprio terreno.

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