Le idee del ministro Giuliano Poletti sul lavoro “slegato” da orari e luoghi e pagato in base ai risultati? “Il Pd condivide”. A confermare che, archiviato il Jobs act e il contratto a tutele crescenti, ora il governo Renzi intende tornare ad allargare le maglie della flessibilità, è il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei. Che in un’intervista a Qn anticipa che l’esecutivo “intende presentare all’inizio dell’anno due disegni di legge, quello sul lavoro autonomo (Jobs Act degli autonomi) e quello sul cosiddetto lavoro agile (smart working)”. Una proposta di legge sulle prestazioni lavorative svolte da dipendenti che operano “fuori dai locali aziendali per un orario medio annuale inferiore al 50 per cento dell’orario normale” era stata presentata a gennaio 2014 dall’europarlamentare Pd Alessia Mosca. Ora, mentre l’esecutivo si prepara a intervenire senza interpellare le parti sociali per favorire la contrattazione aziendale e introdurre il salario minimo, il tema torna in auge. L’idea, come spiegato sabato dal giuslavorista e coautore del Jobs Act Maurizio Del Conte, è quella di riservare anche a questa tipologia di lavoro un “trattamento fiscale di vantaggio” come quello che la legge di Stabilità prevede per la contrattazione di produttività, “premiata con l’aliquota secca del 10% fino a un tetto di 2mila euro”.

Del resto domenica il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (minoranza Pd), commentando su Repubblica le parole di Poletti, aveva avvertito: “Non vorrei che queste uscite del ministro sottintendano in realtà uno smantellamento del contratto nazionale di lavoro, sostituito da un modello basato esclusivamente sul contratto aziendale deregolato e sul salario legale. Se così fosse, sarebbe un grave arretramento”. L’obiettivo, ha paventato Damiano, è quello di andare “verso una destrutturazione del contratto nazionale, dunque verso accordi aziendali su misura e addirittura verso una logica di contratto individuale. A quel punto verrebbe meno la funzione di sindacati e Confindustria“.

Di qui le precisazioni di Taddei. Che però, di fatto, confermano l’obiettivo: “Slegare il lavoro da orari e luoghi non vuol dire farlo indistintamente”, sostiene Taddei. “Le forme di tutela del lavoro hanno bisogno di un aggiornamento perché è cambiato il modo in cui il lavoro si svolge. Ci sono contesti in cui una mansione si espleta entro un orario e in un luogo di lavoro e finisce in questo ambito. Ma ci sono professionalità per cui il lavoro – ahimè o per fortuna – va anche al di fuori di questi canoni. Prendiamo un tecnico che deve essere reperibile a chiamata, per esempio. Il concetto di orario di lavoro classico può bastare? La novità normativa deve ricordare queste specificità. Una parte dello stipendio può essere riproporzionato sulla base della produttività, come già succede in molti casi”. L’economista Pd ha ricordato che anche nella legge di Stabilità sono state inserite misure che vanno nella direzione di favorire la contrattazione decentrata, come la defiscalizzazione dei programmi di welfare aziendale. E ora ecco la novità del ddl sul lavoro agile.

Dal canto suo anche il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, intervistato dal Messaggero, parla di dibattito “ragionevolissimo”, “una riflessione di massima che merita di essere inserita all’interno del dibattito” e non giustifica “una reazione così feroce di chiusura” come quella arrivata dal segretario generale della Cgil Susanna Camusso, secondo cui Poletti vuole “apparire come Ufo robot per risolvere tutti i problemi dei lavoratori. Peccato che le condizioni della gente normale invece peggiorano”.

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