Uova, carni, pesci e ortaggi contaminati in Veneto. Ed è iniziato il monitoraggio della popolazioni attraverso esami del sangue. «I risultati delle analisi sono sorprendenti, perché purtroppo confermano la diffusione e la presenza dei Pfas nei territori di tutte e cinque le unità sanitarie oggetto dell’indagine ed in tutte le matrici alimentari». E’ il commento di Andrea Zanoni, consigliere regionale del Pd che ha richiesto e ottenuto i risultati dei monitoraggi svolti dalla sezione veterinaria e sicurezza alimentare della Regione Veneto nelle province di Padova, Vicenza e Verona.

I campioni sui quali sono stati trovati i Pfas (sostanze perfluoro-alchiliche, utilizzate per impermeabilizzare tessuti e altri materiali) per un valore variabile da 1 a ben 57,4 microgrammi/kilogrammo riguardano in particolare uova, pesci, bovini, insalata, bieta, foraggio e altre carni.

Sull’origine dell’inquinamento non ci sono molti dubbi, anche se è tutt’ora in corso un’inchiesta della magistratura: una ricerca sulla presenza di fluoro-composti nelle acque sia superficiali che profonde condotta dal Consiglio nazionale delle ricerche nel 2013 ha rivelato concentrazioni molto alte di sostanze perfluoro-alchiliche nelle acque potabili di trenta Comuni dell’ovest vicentino e del basso veronese. La fonte inquinante si è rivelata una ditta chimica del vicentino, la Miteni di Trissino, produttrice di Pfas e operante dalla fine degli anni ’70. I Pfas sono composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili all’acqua, allo sporco e all’olio. Vengono usate per produrre numerosi prodotti come impermeabilizzanti per tessuti, pelli e carta oleata; schiume anti-incendio per gli estintori; cera per pavimenti e detersivi; scioline; contenitori per alimenti. L’utilizzo più noto è come rivestimento antiaderente del pentolame (Teflon) e dei tessuti impermebilizzanti e tessuti tecnici come il Goretex.

“I risultati del monitoraggio dei pfas nella catena alimentare veneta confermano il sospetto che avevamo da tempo – ha dichiarato Vincenzo Cordiano, presidente dell’Associazione Medici per l’Ambiente della provincia di Vicenza -, cioè che anche gli alimenti di consumo quotidiano, oltre all’acqua potabile sono contaminati. Soprattutto il pfos (uno dei componenti monitorati ndr) che, è noto, è stato bandito dal commercio nei primi anni 2002 a causa della sua pericolosità. La sua persistenza a distanza di tanto tempo, significa che oramai le falde, i suoli e la catena alimentare sono state contaminate in modo forse irreversibile”.

La zona interessata dall’inquinamento coinvolge le province di Vicenza, Verona e Padova, e una popolazione di 300mila abitanti. I limiti obiettivo imposti dalla Regione Veneto su indicazione dell’Istituto Superiore di Sanità sono risultati superati in trenta comuni dove hanno dovuto dotarsi di un sistema di filtrazione a carboni attivi. A livello medico i Pfas sono riconosciuti come interferenti endocrini e causa probabile di gravi patologie mediche quali: il tumore ai reni, il cancro dei testicoli, malattie della tiroide, ipertensione della gravidanza, colite ulcerosa, aumento del colesterolo.

“I campionamenti sono già stati tutti inviati all’Istituto Superiore di Sanità, con il quale collaboriamo sin dall’inizio della vicenda, per avere e concordare una valutazione di rischio e le eventuali contromosse da prendere” ha dichiarato Lucio Coletto, assessore regionale alla sanità. Parallelamente al monitoraggio della catena alimentare è in corso il monitoraggio sulle persone tramite prelievo del sangue a un campione di persone residenti nelle zone interessate ed ad un gruppo di persone residenti altrove per poter effettuare le necessarie correlazioni.

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