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Ogni anno in Italia decine di persone muoiono a causa di eventi alluvionali. Oltre ai morti e ai feriti, distruzioni di case, ponti, scuole, del patrimonio archeologico. Decine di migliaia di persone vedono la loro vita sconvolta: quando va bene le case inzuppate e le auto distrutte, quando va male con la perdita di persone care. Questa aggressione sistematica alla vita della gente viene assorbita nella normalità con parole quali incidente, fatalità, disastro. Di tanto in tanto si cercano le responsabilità specifiche ma poi tutto passa nel dimenticatoio. Nella sostanza l’alluvione, la frana, l’inondazione viene catalogata come “fenomeno naturale” contro cui “non c’è niente da fare”.

Penso che questo modo di ragionare sia sbagliato: le alluvioni sono causate dalla mancata manutenzione del territorio in una situazione in cui l’innalzamento della temperatura causata dall’inquinamento atmosferico produce fenomeni temporaleschi sempre più concentrati e devastanti. La responsabilità delle alluvioni e dei morti è quindi politica in senso pieno e attraverso decisioni politiche è possibile modificare radicalmente questa situazione.

Due sono le cose che il governo potrebbe fare subito se avesse a cuore il bene del Paese. La prima consiste nel blocco della cementificazione del territorio e nel ripristino della possibilità dei suoli di assorbire l’acqua piovana. L’impermeabilizzazione dei suoli, il restringimento e l’interramento dei canali di scolo, la loro cementificazione è all’origine di molte alluvioni. L’acqua non riesce a penetrare nel suolo e si sposta sempre più rapidamente costretta in canali o corsi d’acqua angusti e privi di manutenzione. Questo produce sistematicamente allagamenti e alluvioni. La seconda consiste in un piano di riassetto idrogeologico del territorio che parta dalle aree montagnose e collinari per arrivare fino alla pianura. Si tratta di un lavoro di manutenzione del territorio che va dal rimboschimento ai piani di taglio selettivi alla costruzione di briglie, argini etc. Un grande lavoro di manutenzione che si dovrebbe saldare con la ripresa dell’agricoltura in montagna e nelle zone collinari, in quanto la principale manutenzione del territorio avviene con l’attività agricola.

Queste due proposte di buon senso, perché non vengono realizzate? Il motivo, a volte, come si evince da alcuni casi di cronaca, è che si tende a difendere gli interessi degli speculatori, ed in secondo luogo perché preferiscono dare lavoro per ricostruire invece che dare lavoro con la manutenzione. Infatti il lavoro di manutenzione del territorio – in particolare in montagna e in collina – è poco concentrato – piccoli appalti – e il suo costo è dato quasi integralmente dal costo della manodopera impiegata. Inoltre, la manutenzione montana e collinare si presterebbe ad una vera opera di reinsediamento di contadini con l’applicazione di un semplice schema: ogni comune montano e collinare garantisce 100 giornate di lavoro ad ogni persona disponibile a risiedere in zona integrando il reddito con attività agricole, agrituristiche, etc. Si potrebbe cioè garantire oltre all’assetto idrogeologico del territorio, anche quello demografico, con lo Stato che garantisce una quota di reddito sicura a chi fa lavori agricoli proprio attraverso i lavori di assestamento forestale. Non sfugge a nessuno che un piano di assestamento del territorio di questo tipo potrebbe anche costituire il naturale sbocco lavorativo per migliaia di piccole ditte edili che oggi non hanno più lavoro e che – se non trovano altre soluzioni – continuano a far pressioni su ogni sindaco per cementificare ulteriormente il territorio.

Chi dice che non si fanno questi lavoro perché mancano i soldi mente sapendo di mentire. Senza aprire la polemica sul fatto che il governo trova i soldi per togliere le tasse sui castelli, va detto con forza che i costi complessivi dei disastri superano i costi della manutenzione. I soldi ci sono! La scelta della manutenzione è una scelta politica che garantirebbe il lavoro a centinaia di migliaia di persone e lo farebbe in larga parte in aree oggi a rischio di abbandono. Questo è il “piano del lavoro verde” che proponiamo e che il governo non attua perché non arricchisce banche e grandi imprenditori. In secondo luogo è evidente che negli ultimi anni i fenomeni temporaleschi sono diventati sempre più estremi e devastanti. Anche questo non è frutto del destino cinico e baro ma dell’innalzamento della temperatura del globo terrestre a causa dell’inquinamento atmosferico. Da noi le bombe d’acqua, in altre parti del mondo la desertificazione ed in altre ancora lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari e degli oceani.

Il capitalismo privo di regole sta distruggendo le condizioni di vita sul pianeta innescando fenomeni che rischiano di essere irreversibili. Anche su questo l’azione del governo è totalmente sdraiata sugli interessi di Confindustria, così come l’Unione Europea a trazione tedesca è teleguidata dai chip truffaldini della Wolkswagent (Volkswagen). Governo italiano e Unione Europea fanno finta che il problema non esista e vi sono tutte le premesse affinché la stessa conferenza sul clima che si terrà a Parigi a dicembre finisca in un nulla di fatto.

Per questo è giusto dire “piove: governo ladro” e sottolineare come il tema della gestione del territorio sia questione politica di primo piano: perché il neoliberismo che punta al massimo di profitto è basato sullo sfruttamento delle persone ma anche sulla distruzione dell’ambiente.

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