Sabato l’appello urbi et orbi di Debora Serracchiani (“Dobbiamo parlare con tutti, intendo proprio con tutti”), oggi l’invito personale e ufficiale di Lorenzo Guerini: “Berlusconi torni al tavolo, noi siamo pazienti e attendiamo”. La riforma del Senato è in dirittura d’arrivo, ma i numeri al Senato ballano e ai piani alti del Partito Democratico non ci si nasconde più: i sottosegretari si spendono in prima persona perché l’ex premier accetti di stringere il Patto del Nazareno 2.0.

La minoranza dem a Palazzo Madama agita le acque sul terzo passaggio parlamentare sul ddl Boschi, quella riforma della seconda Camera su cui Matteo Renzi ha fondato il proprio mandato da premier. Così per non correre rischi a settembre i pontieri del Pd si sono già messi al lavoro. “Abbiamo fatto un pezzo di strada con Foza Italia che è stato positivo per le riforme – spiega Guerini a Il Messaggero – siamo per affermare un sistema più maturo in cui non ci si delegittima a vicenda”, mette in chiaro il luogotenente di Renzi, custode dei principi fondanti del renzianesimo ortodosso.

“Poi qualcuno si è sottratto per ragioni che non avevano nulla a che vedere con il merito delle riforme – spiega ancora Guerini, riferendosi alla manovra con cui Renzi propose il nome e poi fatto eleggere Sergio Mattarella al Quirinale – adesso, se c’è una ripresa di responsabilità e di disponibilità, non può che essere un fatto positivo. Noi siamo pazienti e attendiamo”. Anche perché “stiamo portando avanti una riforma costituzionale che abbiamo scritto insieme e francamente non vediamo perché ciò che andava bene sette mesi fa non va più bene oggi”.

Berlusconi una prima richiesta l’ha già fatta, per bocca di Giovanni Toti: sabato in un’intervista a La Repubblica, il governatore della Puglia ha spiegato che “Forza Italia è pronta a sedersi al tavolo” e la contropartita potrebbe essere la riapertura della partita della legge elettorale: “Mi auguro che il governo voglia interrompere questo cammino autarchico che lo sta portando a compiere errori. Così sull’Italicum, se si torna al premio alla coalizione, più coerente con la storia del bipolarismo italiano”, la buttava lì l’ultimo delfino del Cavaliere.

Il tempo non manca, c’è tutto agosto per corteggiarsi e lavorare ad un’intesa. Il lavoro sul ddl Boschi riprenderà a settembre e la minoranza del Pd promette battaglia. Guerini tiene la porta aperta: “Siamo sempre stati disponibili al confronto”, spiega, “ma non si può ripartire da zero”, perché “il superamento del bicarmeralismo paritario, una sola Camera chè dà la fiducia al governo e quindi la non elettività dei senatori” non può essere toccato.

Il cammino è in salita. “Un’ipotesi di compromesso potrebbe essere prevedere forme di elezione strutturalmente diretta dei consiglieri regionali, segnalati agli elettori in un listino ah hoc ed esplicitamente candidati a fare i senatori”, proponeva sabato il capogruppo dem al Senato, Luigi Zanda., a cosiddetti dissidenti. Che rispedivano l’offerta al mittente: “Sul tema del Senato elettivo si scelga la via maestra e non inutili scorciatoie. Noi chiediamo che sia previsto in Costituzione che il Senato venga eletto dai cittadini”, l’immediata risposta di Federico Fornaro.

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