Un fulmine a ciel sereno. Così è stata accolta sul mercato la notizia che la Bce ha stoppato l’acquisizione della quota di maggioranza di Banca Intermobiliare (-13,6% a Piazza Affari) da parte di una cordata di imprenditori, tra cui gli ex azionisti di controllo di Bim (D’Aguì, famiglia Segre, Giovanonne), Carlo De Benedetti, Luca Cordero di Montezemolo, il gruppo Piovesana, Valentina Nasi e altri. A vendere, Veneto Banca che aveva conquistato la maggioranza della boutique finanziaria torinese ai tempi d’oro delle acquisizioni carta contro carta e che lo scorso agosto, pressata dalla necessità di rafforzare i requisiti patrimoniali e di raddrizzare il bilancio, ne aveva disposto la vendita. Un’operazione data sostanzialmente per fatta, che avrebbe portato in cassa 289 milioni di euro di cui poco più di 230 milioni in contanti e quasi 60 in azioni (non quotate) della stessa Veneto Banca.

Un aspetto, quest’ultimo, che aveva fatto arrabbiare più di un socio dell’istituto di Montebelluna nel corso dell’ultima assemblea, perché i piccoli azionisti le loro azioni non riescono a venderle mentre quelle in mano a D’Aguì e soci vengono scambiate in azioni (quotate) di Banca Intermobiliare. Da notare che lo scorso agosto le azioni Veneto Banca valevano ufficialmente 39,5 euro (prezzo proposto dal consiglio d’amministrazione e approvato dall’assemblea dei soci), mentre nell’accordo sulla cessione di Bim quelle stesse azioni venivano valorizzate 36 euro, e oggi – stando alla delibera dell’assemblea del 9 aprile scorso – valgono ufficialmente 30,5 euro. Un prezzo artificiale, che non ha nulla a che fare con il valore di mercato della Popolare di Montebelluna, ma che è comunque sensibilmente inferiore a quello pattuito ad agosto.

Comunque sia, Veneto Banca rischia di ritrovarsi con un problema, cioè il mancato introito per la cessione della maggioranza di Bim. A Montebelluna però minimizzano perché l’operazione ha un impatto stimato sul core Tier1 ratio dello 0,48-0,49%, ma soprattutto perché proprio in questi giorni dovrebbe perfezionarsi la vendita della partecipazione al capitale dell’Istituto centrale delle banche popolari (Icbpi). Il 19 giugno infatti la cordata Advent-Bain-Clessidra dovrebbe chiudere la trattativa in esclusiva che valorizza l’Istituto centrale 2,15 miliardi di euro e quindi Veneto Banca dalla cessione della sua quota, che è di poco inferiore al 10%, dovrebbe ricavare circa 210 milioni, una cifra molto vicina all’incasso per contanti previsto dalla cessione della maggioranza di Bim.

Non solo, a Montebelluna fanno anche notare che non è detto che l’operazione non si concluda. La Bce infatti ha dato tempo agli acquirenti di presentare le loro osservazioni sui fatti e gli addebiti avanzati entro il 19 giugno, per poi decidere in via definitiva se autorizzare o meno l’operazione. I motivi che hanno spinto la Bce a negare in prima battuta l’ok non sono stati resi noti, ma l’unica cosa sicura è che non riguardano né Bim, né Veneto Banca, bensì gli acquirenti stessi. In attesa degli sviluppi a Montebelluna stanno premendo sull’acceleratore per la trasformazione in spa che – tempi tecnici permettendo – potrebbe concretizzarsi subito dopo la pausa estiva.

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