Nella metropoli cinese di Yulin si celebra ogni anno, per il solstizio d’estate (21 giugno), il Dog Meat Festival, dove vengono uccisi, secondo la World Animal Protection, 25 milioni di esemplari. La Humane Society International ha lanciato una petizione per cercare di fermarlo, definendolo la “sagra della crudeltà“. Qualcuno potrà subito controbattere dicendo che anche in Italia abbiamo tantissime sagre, dalla porchetta all’anguilla, dalla bistecca all’agnello; ogni pretesto è buono per inventarsi una fiera dove gli animali vengono sacrificati, con l’obiettivo di creare un momento di aggregazione per la comunità o un’occasione per far conoscere le tradizioni o i prodotti Dop o Igp.

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Foto credit @humane society 

La sagra del cane o del gatto non riguarda, geograficamente parlando, il mio Stato, ma mi sento comunque in dovere di sostenere gli attivisti cinesi, i quali, con coraggio e determinazione, si battono da anni per fermare il Dog Meat Festival, e non solo. Sempre più spesso arrivano notizie dalla Cina di attivisti asiatici che bloccano i camion con animali destinati al macello; lo scorso 27 maggio sono stati salvati 650 gatti e, qualche giorno prima, circa 200 gatti e 500 cani, destinati a diventare carne e pellicce. Cinesi, coreani e vietnamiti consumano regolarmente carne di cane e gatto, senza implicazioni emotive, perché rientra nella loro tradizione culturale; tra l’altro lo fanno legalmente perché in alcuni Paesi asiatici, non in tutti, è possibile mangiare la carne di questi animali.

A noi occidentali, il solo pensiero fa venire i brividi, perché i cani e i gatti rappresentano ai nostri occhi amici inseparabili, compagni di viaggio straordinari, e rientrano, dunque, tra gli animali intoccabili. Sono sicura che, se ognuno di noi avesse la voglia e la possibilità di interagire anche con altre specie, la nostra percezione e empatia verso quegli animali, che noi abbiamo stabilito essere da reddito, cambierebbe immediatamente, superando quelle distinzioni di specie.

Perché troviamo agghiacciante mangiare un gatto mentre amiamo cucinarci per esempio il maiale, animale intelligente, affettuoso e sensibile quanto il cane? Semplice. Perché al cane o al gatto abbiamo permesso di entrare nelle nostre vite, di condividere con noi, luoghi, spazi, emozioni, creando un sodalizio indissolubile. Il nostro rapporto con gli altri animali, soprattutto quelli da reddito, inizia e termina con il loro sfruttamento: non sono soggetti ma semplici oggetti dai quali ricavare prodotti di varia natura. Per questa ragione proviamo orrore per la sagra del cane o del gatto, mentre non possiamo perderci la Sagra della porchetta di Ariccia, in quanto amanti del piatto (non del maiale).

Torniamo, però, al Dog Meat Festival, che è il fattore scatenante di questo articolo. Vi racconto brevemente qualche dettaglio. I cani, stipati dentro gabbie di ferro per diversi giorni, vengono trasportati dai camion verso improbabili macelli, dove l’odore del sangue è nauseante per quanto è pungente. Molti cani arrivano feriti, altri muoiono prima di giungere a destinazione, a causa dello stress e delle condizioni di detenzione. La maggior parte degli animali, venduti durante il festival, provengono dal mercato nero e, non di rado, sono cani rubati o abbandonati. Gli animali vengono macellati senza aver subito un controllo sanitario; secondo il Ministero della Sanità cinese, ogni anno muoiono tra le duemila e le tremila persone per aver contratto la rabbia.

Tanti asiatici fanno pressione, chiedendo un cambiamento e, spesso, sono i cittadini a impegnarsi per salvare gli animali. “Abbiamo comprato oltre 200 cani, non potendo fermare il festival, cerchiamo almeno di salvare quanti più cani possiamo, comprandoli” ha dichiarato lo scorso anno, una donna di nome Wang. Non sono d’accordo con questo modo di agire, perché i commercianti avranno un motivo in più per aspettare questo appuntamento, anche se però riesco a comprendere gli attivisti; il senso di impotenza, l’impossibilità di fermare una strage che si compie ogni anno, spinge le persone a perseguire l’unica strada possibile per salvare gli animali: comprarli! Se il governo cinese sentisse una grande pressione a livello internazionale, forse, potrebbe decidere di abolire questo festival.

Supportiamo, dunque, gli attivisti cinesi, firmando la petizione e partecipando al presidio, organizzato da Animali Italiani onlus, il giorno 18 giugno, dalle ore 10:00 alle ore 12:30, davanti all’Ambasciata cinese, in Largo Ecuador – Roma.

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