“Siamo in una posizione simile a quella di Sisifo, un uomo condannato a trascinare un macigno in cima a una collina solo per vederlo rotolare ogni volta giù”. Il vicepremier greco Yannis Dragasakis, non poteva trovare nulla di meglio di questo riferimento a un personaggio della mitologia greca per fare appello ai creditori internazionali dalle pagine del Financial Times. “Tutto quello che chiediamo è: date una possibilità alla Grecia“, è l’attacco dell’editoriale firmato anche dal ministro delle Finanze Yanis Varoufakis e da quello per gli Affari economici internazionali Euclid Tsakalotos. “E’ opinione comune che il governo greco abbia un trattamento speciale rispetto ad altri Paesi in difficoltà”, prosegue l’articolo. “Non è così. Chiediamo un pari trattamento”.

Gli esponenti dell’esecutivo nell’editoriale affermano che l’aggiustamento di bilancio greco è stato più gravoso che altrove, con tagli di spesa e aggravi fiscali per il 45% del reddito disponibile delle famiglie contro il 20% del Portogallo e il 15% di Italia e Irlanda. “Ondate successive di austerity hanno esacerbato la contrazione del Pil“, scrivono i tre, rendendo il debito “ingestibile: la Grecia prende in prestito sempre di più per pagare debiti precedenti”. Non a caso proprio martedì il presidente del Parlamento greco, Zoé Constandopoulu, ha annunciato la costituzione di una commissione internazionale di esperti, coordinata dal politologo belga Éric Toussaint, per effettuare un audit del debito pubblico. I greci, ha spiegato Constandopoulu, devono “sapere come quanto debito viene utilizzato per il bene comune e, pertanto è legale, e quanto è stato sprecato e, quindi, è illegale”.

Gli alti funzionari ellenici ricordano poi che i greci “hanno sofferto più del previsto” per l’austerità e “molti dei giovani senza lavoro, al 60%, saranno riclassificati come disoccupati di lunga durata“. Con il risultato che “rischiamo di condannare un’intera generazione a un futuro senza speranza”. Anche perché la tendenza dei lavoratori qualificati ad andarsene e la fuga di capitali e liquidità che sta affliggendo il Paese fin dall’annuncio delle elezioni anticipate a cui ha trionfato Syriza hanno intaccato la capacità produttiva con “effetti che richiederanno una generazione, o più, per invertirsi”. Ce n’è anche per la Germania, rea di aver mantenuto invariato il proprio surplus esterno mentre “il peso dell’aggiustamento (degli squilibri macroeconomici, ndr)” veniva scaricato “sui Paesi in deficit”. L’accusa non è nuova e va a braccetto con l’attacco mosso alla Bce da Varoufakis, secondo il quale lo statuto della banca centrale guidata da Mario Draghi è stato “scritto dalla Bundesbank ed è per questo che l’Eurotower rifiuta di trattare con Atene sulla rinegoziazione del debito.

La presa di posizione sul quotidiano finanziario britannico arriva a due giorni dall’incontro, fissato per giovedì a margine del vertice dei capi di Stato e governo della Ue, tra il premier Alexis Tsipras, la Cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande, il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e il presidente della Bce Mario Draghi. Lunedì prossimo poi Tsipras sarà a Berlino per incontrare la Merkel a tu per tu.

Le prime reazioni alle nuove richieste di Atene non sono state promettenti. Il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, nello smentire lo scenario di uscita della Grecia dall’euro, ha ventilato un’ipotesi altrettanto minacciosa per l’esecutivo Tsipras: un esito “simile a quello di Cipro“, con controlli sul movimento dei capitali e chiusura di alcune banche. Apriti cielo: il portavoce del governo ellenico ha subito replicato invitando Dijsselbloem a “rispettare il suo ruolo istituzionale” precisando che la Grecia non sarà “ricattata“.

Nel frattempo le rivendicazioni della Grecia stanno però iniziando a provocare scricchiolii nella politica tedesca. Infatti dopo le richieste di risarcimento per i danni provocati durante la Seconda guerra mondiale, accolte inizialmente come una boutade irricevibile, l’autorevole esponente dell’Spd Gesine Schwan in un’intervista allo Spiegel Online ha espresso disponibilità a discutere della questione. “Dovremmo avere un approccio finanziario nei confronti delle vittime”, ha affermato. “Sarebbe una cosa buona per noi tedeschi per liberarci dal peso della storia”. In più, ha riconosciuto, “vittime e discendenti hanno una memoria più lunga rispetto a colpevoli e loro discendenti”. Una grana interna, dunque, per la Merkel, che ha sempre respinto a muso duro le pretese della Grecia facendo sapere di aver già onorato tutti i suoi obblighi visto che nel 1960 la Repubblica federale ha già pagato 115 milioni di marchi tedeschi (59 milioni di euro) a titolo di risarcimento.

 

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