Roberto Casari, fino a poche settimane fa e per quasi quarant’anni presidente di Cpl Concordia di Modena, 400 milioni di fatturato all’anno, la grande cooperativa “rossa” emiliana del settore energia e gas, è indagato dalla Procura distrettuale antimafia di Napoli per concorso esterno in associazione camorristica. L’inchiesta è coordinata dai pm Cesare Sirignano, Catello Maresca e Maurizio Giordano e dall’aggiunto Giuseppe Borrelli e ha preso il via dalle rivelazioni del boss del clan dei Casalesi Antonio Iovine.

Nei verbali firmati da collaboratore di giustizia e nelle dichiarazioni rilasciate durante il “processo Fabozzi” sui legami tra camorra e politica negli appalti di Villa Literno, Iovine ha parlato dell’affare della metanizzazione nel Bacino Campania 30, la zona dell’Agro Aversano. Secondo il pentito, la realizzazione della rete del gas nei sette comuni di San Marcellino, Frignano, Villa Literno, Casapesenna, Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa e Villa di Briano, avviata negli anni Novanta e affidata a Cpl in “concessione di servizio pubblico” – che prevede la costruzione e la successiva gestione della infrastruttura – fu di fatto controllata dal clan dei Casalesi, attraverso l’intermediazione dell’imprenditore Antonio Piccolo, un uomo di Michele Zagaria. Il nome di Casari compare in cima al decreto d’ispezione della Dda in mano ieri mattina ai carabinieri del Noe e ai vigili del Fuoco che hanno eseguito degli scavi in Corso Umberto a Casal di Principe. Il decreto è motivato con la ricerca di riscontri alle dichiarazioni di Iovine e di un altro personaggio per ora coperto dal massimo riserbo. Gli inquirenti stanno verificando se i lavori di metanizzazione hanno rispettato il capitolato d’appalto e le norme di sicurezza.

Dai primi accertamenti pare che i tubi siano stati collocati a soli 30 centimetri sottosuolo, e non alla profondità prevista di 60 centimetri. L’impresa esecutrice avrebbe così risparmiato, mettendo però a rischio la sicurezza dell’impianto e l’incolumità dei residenti. La riproposizione di uno schema già visto, purtroppo, nella gestione dell’emergenza rifiuti in Campania, quando i clan casalesi hanno lucrato sullo smaltimento della spazzatura e dei rifiuti speciali, incuranti delle conseguenze per la salute dell’ambiente e della popolazione. Il decreto prevede l’esecuzione di un’altra ispezione nel sottosuolo di via Santa Filomena a Casapesenna.

Le ragioni di questi scavi affondano nelle dichiarazioni di Iovine messe a verbale il 20 maggio: “Devo dire che noi abbiamo trovato terreno fertile con le imprese, anche grandi, che venivano da fuori zona e prendevano appalti. Quando ci siamo presentati per esempio a trattare con la Concordia per la realizzazione della rete del gas, abbiamo trovato facilmente un accordo nell’interesse di tutti”. “Dico che la Concordia poteva scegliere di denunciarci – ha spiegato il pentito – oppure poteva rinunciare a quell’appalto per non scendere a compromessi con la camorra”. “Mi chiede che cosa sarebbe accaduto se la Concordia avesse deciso di non accettare quell’accordo e di denunciare alle forze di polizia la nostra richiesta di subappalto. Le rispondo che non c’è dubbio che il clan avrebbe reagito male, sia bloccando i cantieri sia provando a intervenire sui sindaci dei rispettivi comuni. Del resto in quel caso io ritengo che la Concordia abbia fatto un accordo a monte con Piccolo Antonio, uomo di Zagaria”.

E all’udienza del 7 giugno del processo Fabozzi, il pentito ha aggiunto: “Ci fu un accordo con la Concordia. Poi decidemmo i subappalti. A Casale e a Villa Literno per il subappalto c’era Claudio Schiavone, a Casapesenna e a Villa di Briano Antonio Piccolo, a S. Cipriano Pietro Pirozzi e a Frignano Di Tella. Io mi accordai con Di Tella per 10 euro al metro per un guadagno di circa 300 mila euro. Questi lavori risalgono al 2002 e durarono qualche anno”.

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