Nuovi guai per l’ex presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi. L’ex governatore, l’ex assessore alla sanità Lanfranco Venturoni e l’ex sub commissario alla sanità regionale Giovanna Baraldi sono indagati dalla procura di Pescara. Devono rispondere di violenza privata, abuso e falso in merito ad una inchiesta relativa ai tetti di spesa e agli accreditamenti sulla sanità privata. Con loro sono indagati anche due funzionari dell’Agenzia nazionale per i servizi regionali, ma solo per abuso.

Secondo l’indagine, nata dalla denuncia degli operatori sanitari nell’aprile del 2010, l’ex presidente Chiodi, in qualità di commissario alla sanità, Venturoni e la Baraldi avrebbero fatto pressioni sulle cliniche private per sottoscrivere contratti per le prestazioni sanitarie con decurtazioni non conformi, o sotto costrizione, a volte con atteggiamenti ostruzionistici, congelando i pagamenti pregressi in attesa delle firme.

Si tratterebbe quindi di una strategia di pressione psicologica e amministrativa, che avrebbe portato a restrizioni nelle prestazioni sanitarie regionali private ma senza effetti sul bilancio sanitario, visto che dal 2010 la mobilità passiva verso le altre regioni limitrofe è aumentata da un passivo di 6 milioni di euro a oltre 100, come certificato nelle scorse settimane dal ministero della salute.

Lo scorso gennaio il governatore era finito nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sui “rimborsi facili”. La procura della Repubblica di Pescara aveva emesso 25 informazioni di garanzia, con invito a comparire, nei confronti di Chiodi, del presidente del  Consiglio, Nazario Pagano e di altre 23 persone, tra assessori e consiglieri per truffa aggravata, peculato e falso ideologico riguardo a rimborsi per una serie di missioni istituzionali. “Sono esterrefatto e dispiaciuto. Ricordo che fu una trattativa difficile e di fondamentale importanza per le sorti del sistema sanitario regionale e per la sua moralizzazione. Del risultato ne hanno beneficiato i cittadini. In Abruzzo accadeva sempre il contrario – scrive in una nota  -. Studierò le carte che ancora non ho, resta oltre a tanta amarezza, l’orgoglio di aver difeso gli interessi generali”. 

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