La Germania andrà a votare alle elezioni per il parlamento europeo con il proporzionale puro. I giudici della Corte costituzionale tedesca hanno stabilito con una sentenza di mercoledì scorso che la soglia di sbarramento del tre per cento è incostituzionale. Con la stessa motivazione, nel 2011, gli alti togati di Karlsruhe avevano abbassato dal cinque al tre per cento l’asticella per entrare nel Parlamento dell’Ue. Il meccanismo – recita in sintesi la sentenza – viola il principio “una testa, un voto” e introduce un discrimine tra gli elettori dei partiti grandi e quelli delle formazioni minori escluse dalla rappresentanza. I partiti maggioritari godrebbero di una facile rendita di posizione, in virtù del classico argomento del “voto utile”. Semplice, ma fino a un certo punto, perché gli stessi giudici di Karlsruhe finora hanno sempre difeso la soglia del cinque per cento, prevista invece dal sistema elettorale tedesco per il Bundestag e per i Landtag regionali. Due pesi, due misure, a seconda che si tratti dell’Europa o del parlamento tedesco.

Non sarebbe più logico e giusto che una democrazia matura funzioni senza imporre limiti all’esercizio del voto? In passato la Corte costituzionale di Karlsruhe si è pronunciata a favore del mantenimento della soglia del cinque per cento. L’opinione pubblica ha sempre avuto paura del proporzionale puro, ritenuto una delle cause storiche della frammentazione della Repubblica di Weimar e dell’ascesa al potere del nazismo. Il sistema elettorale attuale prevede infatti dei correttivi: una soglia di sbarramento al cinque per cento e una combinazione tra i due criteri, il proporzionale e il maggioritario. Gli elettori tedeschi ricevono due schede. Con la prima scelgono uno dei candidati in lizza nel proprio collegio e concorrono all’assegnazione di una metà dei seggi nel Bundestag. L’altra metà è ripartita in proporzione ai voti che i partiti prendono sulla seconda scheda.

Fino a oggi, sostengono i fautori dello sbarramento, questo sistema ha tenuto lontano gli incubi del passato e impedito l’ingresso di partiti estremisti nel Bundestag. La pensano così i due partiti principali, la Cdu di Angela Merkel e la Spd, alleati nel governo di grande coalizione. La Cancelliera e i socialdemocratici hanno accettato a malincuore l’abolizione della norma del tre per cento che fu votata da quasi tutti i partiti presenti nel Bundestag nella scorsa legislatura. Con la sola eccezione della Linke, la formazione della sinistra radicale tedesca, unica a gioire per la sentenza. “Ognuno ­- ha commentato il capogruppo parlamentare Gregor Gysi -­ potrà mettere una croce sulla scheda senza paura che il suo voto vada perso”.

Al ricorso hanno partecipato molte formazioni minori che sono fuori dal Bundestag. Alcune sono però rilevanti a livello regionale, come i Freie Wähler (Liberi Elettori), un partito populista che alle ultime elezioni in Baviera ha raccolto il 9% e che senza sbarramento potrebbe entrare nel parlamento europeo. Potrebbero rientrare in gioco anche i Pirati, che dopo una serie di affermazioni clamorose in alcuni Länder negli anni passati, a settembre dello scorso anno hanno fallito miseramente l’ingresso nel Bundestag. A scendere verso percentuali che si aggirano intorno all’uno per cento, sondaggi alla mano, ­ci sono gli animalisti, il Partito dei pensionati, il Partito della famiglia e le femministe del Partito della Donna. Qualcuno, con un po’ di fortuna, potrebbe guadagnarsi un seggio. Come metterla, però, con i partiti dell’estrema destra? La Npd, la principale forza della galassia neonazista, fino a oggi mai entrata nel Bundestag, potrebbe sedere nel futuro parlamento europeo in compagnia di altre formazioni sorelle come Alba Dorata.

Un argomento, anzi uno scenario, che inquieta non poco. Se si prendono i risultati delle europee del 2009, a Strasburgo oggi ­ senza la soglia del tre per cento ­ siederebbe anche Uschi Winkelsett, la candidata dei Republikaner, un’altra formazione populista di destra che vorrebbe diminuire la quota versata dalla Germania nelle casse dell’Unione Europea. Roba da Trattato di Versailles. Per chi evoca lo spettro di Weimar la soglia di sbarramento al Bundestag non si può toccare. Ma i costi per la democrazia tedesca cominciano a essere troppo alti. Alle elezioni per il Bundestag dello scorso settembre 6,9 milioni di voti sono stati cancellati, ben il 15,7 per cento degli elettori. Sono rimasti fuori i liberali della Fdp e l’Alternativa per la Germania (AfD), la formazione anti­euro nata di recente, entrambe poco al di sotto del cinque per cento. Senza di loro Angela Merkel è stata costretta a fare la grande coalizione con i socialdemocratici. I tempi, insomma, sono maturi per rivedere il sistema elettorale. Da noi, invece, Renzi ha imboccato la strada contraria. Oggi l’Italicum torna in discussione in aula. Compresa la norma sullo sbarramento dell’8 per cento per i partiti che corrono da soli. Al confronto, il sistema tedesco è uno scherzo.

di Tonino Bucci

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