Stoccolma, la capitale di un paese ritenuto tra i più pacifici e tranquilli del vecchio continente, da quattro notti brucia tra le fiamme di una gioventù disperata e senza futuro. Nelle strade dei quartieri periferici, da Husby a Fittja, da Rinkeby fino alla zona sud di Skogas dove i disordini sono scoppiati ieri notte, la polizia in assetto antisommossa carica a testa bassa e spara, per adesso colpi di avvertimento in aria, e i ragazzi rispondono tirando sassi, costruendo barricate, bruciando macchine, e assaltando caserme, locali, centri commerciali e scuole. Il tanto decantato modello socialdemocratico svedese, fatto di inclusione e di redistribuzione delle ricchezze, dopo i duri tagli ai servizi sociali cominciati negli anni Novanta mostra le sue crepe. E anche la Svezia scopre i riotsle disordinate rivolte metropolitane della gioventù disperata ai tempi dell’austerity.

La rabbia è nata dall’uccisione avvenuta dieci giorni fa da parte della polizia di un 69enne che, brandendo un coltello, si era barricato con una donna in una casa ad Husby, sobborgo di Stoccolma dove l’80% dei 12mila abitanti sono migranti o figli di immigrati. Domenica sera a Husby c’è stata una manifestazione di protesta, con i primi focolai di scontri con le forze dell’ordine che si sono poi diffusi a macchia d’olio nelle altre periferie urbane. Il portavoce della polizia Kjell Lindgren ha parlato di decine di arresti, centinaia di macchine bruciate e diversi edifici danneggiati. Sull’altro fronte, diversi manifestanti hanno invece denunciato la brutalità delle forze dell’ordine. E in molti le hanno accusate di razzismo, tra cui uno studente di legge che ha denunciato di avere sentito un poliziotto chiamare ripetutamente scimmia un’anziana donna scesa in piazza.

Dopo la seconda notte di riots, che ormai cominciavano a interessare tutte le periferie, martedì pomeriggio aveva parlato anche il primo ministro Fredrik Reinfeldt: “Sembra che la gente voglia imitare quello che è successo a Husby per ricevere attenzione. Ci sono gruppi di giovani che pensano di potere cambiare la società con la violenza, ma non lo permetteremo – ha detto – La Svezia non sarà mai governata dalla violenza”. Il problema è che però il paese è ormai governato da una sempre più crescente emarginazione, etnica e sociale. Secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la Svezia è il paese, tra tutti gli stati membri, dove negli ultimi 25 anni più è cresciuta esponenzialmente la disuguaglianza. E se la disoccupazione giovanile è limitata al 6% per i nativi, sale fino al 16% per i migranti e i loro figli. “Una dimostrazione del fallimento delle politiche liberiste degli ultimi governi, che hanno tolto ai giovani delle periferie ogni speranza”, ha denunciato Anna-Margrethe Livh del partito Sinistra Ecologista.

Perché quelle di Husby non sono le prime rivolte. L’ultima fu nel giugno del 2010, quando a Rinkeby, sobborgo di Stoccolma soprannominato piccola Mogadiscio per l’alta percentuale di migranti somali, un gruppo di ragazzi si scontrò con le forze dell’ordine e diede fuoco a una scuola da ballo che non li aveva fatti entrare. Oggi le lotte si sono invece diffuse in ogni periferia – almeno 15 i quartieri interessati – e la repressione non è riuscita ad arginare la rabbia. Ulteriore allarme, spiegano gli analisti, è dato dalla crescita nei sondaggi di Democrazia Svedese, partito di ultradestra anti-immigrazione oramai assestato come terza forza nel paese. Anche Stoccolma, nell’immaginario collettivo la città di una placida terra capace di coniugare capitalismo e democrazia, come le altre capitali europee oramai conosce i fuochi dei riots: il nuovo assedio ai forni delle disperate vittime dell’austerity.

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