Una tavolata lungo il muro perimetrale del cortile del circolo, dietro al banco parlamentari e dirigenti locali e tutt’intorno gli iscritti. Si parla a turno, col megafono, anche se i militanti accorsi per la resa dei conti sono una quarantina e poco più. Solo così però si riescono a  sentire domande e risposte e superare le urla di chi vince di briscola e settebello ai tavoli intorno che non mostrano grande interesse alla discussione in corso sul destino del Pd. “Ma ci volete dire a che titolo parla ancora Veltroni? Perché alla Bindi avete ridato una poltrona all’Antimafia anziché un calcio in…”. E ancora: “Voglio sapere perché siamo al governo con Berlusconi e chi di voi ha impallinato Prodi!”, “datemi un motivo per tenermi la tessera del Pd in tasca”. Uno se ne va a metà, nero in volto. No comment. Altri alzano gli occhi al cielo ad ogni risposta non pervenuta (e tante ce ne sono).


Video di Francesca Martelli 

Scene, domande, dilemmi da #Open Pd, l’iniziativa promossa da neoparlamentari milanesi dopo le tensioni interne al partito per l’elezione del presidente della Repubblica e all’indomani della formazione del governo Letta-Berlusconi. Venticinque gli appuntamenti fissati nel weekend, ma ieri pomeriggio due soli erano in programma a Milano. All’Arci Bellezza, storico circolo a due passi dalla Bocconi di Mario Monti, si sfoga una rabbia antica. Basta dare un’occhiata al bilancio della sezione per capire quanto: un centinaio di iscritti, 4.540 euro di entrate per tesseramento “adulti”, 30 euro per la quota “giovani”. Arriva, finalmente, l’appuntamento per “guardarsi negli occhi”, come ripetono deputati e dirigenti. Sul tavolo il processo interno agli errori del partito, ma anche il tema dell’assemblea dell’11 maggio che porterà al congresso per la nuova reggenza. Sui giornali si rincorrono i nomi, qui si chiede che siano votati dalla base con primarie.

Arriva Lia Quartapelle, giovane neoparlamentare che ha fatto il pieno di voti e che ha promosso l’iniziativa insieme ad altri onorevoli lombardi. I militanti fanno a turno per vomitare sul tavolo il rospo che hanno nello stomaco da mesi: perché Marini? Perché non una proposta seria con i Cinque stelle, perché con Berlusconi? Risposte zero, dicono dall’altra parte del tavolo. Non ne hanno avute neppure loro che pure hanno deciso di metterci la faccia tornando nei circoli. Non si sa che cosa sia frullato in testa al partito. Quartapelle è qui per rimarcare che ormai è la stagione dell’emergenza e in nome di questo bisogna guadare avanti, superare anche le asperità di un governo con Berlusconi “solo per il tempo necessario“. Che sono però già 18 mesi.

L’ex assessore Stefano Boeri, tra i presenti all’appuntamento, teorizza la necessità di rovesciare la piramide con un’opa degli elettori sul Pd: “Riportare in alto la base e gli iscritti e giù quel vertice che si è fatto beffa dell’intelligenza collettiva e della partecipazione”. A livello nazionale, spiega, è successo quello che è accaduto a Milano. “Usano le intelligenze che trovano per vincere le elezioni e poi le abbandonano a se stesse per fare quello che vogliono. Il partito dopo il voto ci ha mollato, i circoli non c’erano più, dei 170mila votanti di allora non è interessato più nulla”, dice l’assessore dimissionato da Pisapia perché disallineato. Ma più insopportabile e distruttivo ancora, a detta dell’archistar, è stato il maldestro tentativo di coprire tutto questo. “Bersani doveva dire chiaramente che abbiamo perso, sottoporre agli iscritti le scelte da compiere in una situazione di stallo e di difficoltà, se insistere coi Cinque Stelle, andare con Berlusconi o al voto. Il fatto di non aver ammesso la sconfitta con 3,5 milioni di voti persi per strada ha prodotto compromessi e risposte ancora peggiori che abbiamo tutti sotto gli occhi”.

Due ore di dibattito e alcuni risultati. Primo, la seduta terapeutica di gruppo si potrà ripetere presto per alleviare i dolori di chi somatizza tutto quello che il partito gli riserva da due mesi a questa parte (“Con Berlusconi al governo? Non ci dormo la notte”, dice una tesserata di lungo corso). E su questo Lia Quartapelle si impegna a tornare (“sarebbe bello incontrarsi una volta al mese…”). Secondo: l’input ai parlamentari milanesi di bussare ai dirigenti romani e perorare la causa di un congresso davvero aperto che metta fine ai giochetti di corrente e alle decisioni catapultate da via del Nazareno. Terzo, non cediamo più a nessuno quel poco che ci resta. La dignità di “Bella ciao”, i valori fondativi della resistenza e dell’egualitarismo. Almeno questo, lacrime agli occhi, hanno chiesto quei pochi che ancora hanno preferito un sabato col Pd alla prima giornata di sole. 

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