Aliaa Magda Elmahdy è una studentessa egiziana. Per protestare contro l’oppressione del nuovo regime egiziano sui corpi e sulla voce delle donne, ha messo su Twitter una foto che la ritrae nuda (#NudePhotoRevolutionary), senza nessuna oscenità, ostentando un corpo che c’è, esiste, e non può essere negato da nessun regime e da nessuna religione. La spiegazione della sua azione è limpida. Aliaa descrive la sua azione come un “grido contro una società violenta, razzista, sessista e ipocrita” protesta contro un regime oppressivo, in cui la polizia della morale religiosa abusa del suo potere in continuazione. Vale la pena di riportare la dichiarazione che accompagnava la sua prima foto nuda sul Web: “Processate i modelli che posavano nudi nelle scuole d’arte, nascondete i libri d’arte, distruggete le statue di nudi antichi, poi spogliatevi e guardatevi allo specchio: bruciate il vostro corpo, il corpo che disprezzate, per liberarvi per sempre della vostra appartenenza a un sesso per infine dirigere la vostra umiliazione e il vostro sciovinismo contro di me e osare negarmi la libertà di esprimermi”.

Aliaa è stata processata e rischia ottanta frustate. Ma il suo atto non è rimasto inascoltato, e la militante per i diritti umani, Maryam Namazie ha creato un calendario di nudi rivoluzionari:  Nude Photo Revolutionary Calendar che si può acquistare o direttamente scaricare dal Web, dove ha invitato scrittrici, intellettuali, politiche e militanti a sostenere l’atto di Aliaa posando nude per il calendario. Artiste, pubblicitarie, intellettuali di paesi diversi come la Polonia, la Danimarca, gli Stati Uniti, hanno posato nude in sostegno ad Aliaa. La foto della stessa Maryam Namazie, che accompagna il mese di novembre, porta la scritta: “Il mio corpo non è osceno. Osceno è velarlo!”

Come scrivevo in un altro post dedicato alla rivoluzione egiziana, le rivoluzioni si fanno prima di tutto con il corpo: i regimi si spezzano con il corpo, invadendo le strade, trasgredendo i costumi e le etichette che regolano l’uso del corpo. Dai monaci tibetani (o gli impiegati italiani) che si danno fuoco in segno di protesta, ai nudi egiziani, non dimentichiamo che alla fine il potere, quale che sia e dovunque sia, si legittima tramite il controllo dei nostri corpi: cosa mangiamo, come ci vestiamo, come e quando possiamo nascere e morire, dove e come ci possiamo spostare…

L’atto di Aliaa mostra come il corpo femminile, così bistrattato, desiderato e insieme odiato, deformato in caricatura indecente nell’Italia berlusconiana, negato e desessualizzato nelle società religiose, ma anche nell’America neo-vittoriana del capitalismo integralista, è ancora al centro di censure e trasgressioni, come se solo da lì, dalla liberazione da quella relazione di potere fondamentale che esiste tra uomo e donna, possa nascere una società veramente nuova.

Articolo Precedente

Non rubo il posto ai giovani

next
Articolo Successivo

Giappone, pena di morte
e umanità

next