I giudici danno il via libera alla riforma, i sindacati annunciano una mobilitazione eccezionale per il 1° maggio
Dicono che nessuno ci contava davvero, ma fino all’ultimo hanno sperato in un segnale. Alla fine è successo quello che era stato ampiamente previsto: i nove giudici del Consiglio costituzionale francese hanno dato il via libera all’essenziale della riforma delle pensioni. È stato infatti approvato il dispositivo centrale, ovvero la decisione di aumentare l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Centinaia di persone sono scese in piazza a Parigi in segno di protesta: la manifestazione si è poi trasformata in un corteo selvaggio con incendi e vetrine infrante tra République e place de la Bastille. Intanto i sindacati hanno chiamato a una mobilitazione eccezionale per il prossimo primo di maggio. Respinta al mittente la proposta di Emmanuel Macron di un incontro con la delegazione intersindacale per il 18 aprile: al presidente della Repubblica i rappresentanti dei lavoratori hanno chiesto che si fermi e non promulghi la legge. Uno scenario alquanto improbabile: il capo dello Stato ha 15 giorni per completare il percorso del provvedimento e potrebbe, secondo le ultime indiscrezioni, agire molto in fretta.
Il Consiglio costituzionale ha anche respinto la prima richiesta di referendum popolare contro la riforma: su una seconda proposta invece, si esprimerà a inizio maggio. I giudici hanno poi bloccato alcuni aspetti del provvedimento, che però non mettono in discussione lo schema centrale: c’è il cosiddetto ‘index’ senior, un indicatore relativo all’impiego di dipendenti anziani che doveva essere obbligatorio da quest’anno per le aziende con più di 1.000 dipendenti e la cui mancata pubblicazione era soggetta a sanzioni pecuniarie. Un’altra delle misure respinte è il “CDI senior”, un contratto riservato agli ultrasessantenni che avrebbe dovuto facilitare l’assunzione di persone di età superiore ai 60 anni in cerca di lavoro a lungo termine. Le Parisien sottolinea che il governo è ora libero di decidere di integrare queste sei disposizioni in un’altra legge e di farle votare oppure di farle cadere; per Emmanuel Macron esiste anche un’altra possibilità, cioè quella di richiedere una nuova deliberazione in Parlamento, invitandolo a modificare le disposizioni bocciate.
“La lotta continua”, ha sintetizzato il leader della gauche Jean-Luc Mélenchon, gli scioperi si moltiplicheranno, le manifestazioni – con le loro code spesso violente – continueranno. Stasera c’è stato soltanto l’anticipo, decine di cortei sono già previsti per domani, e i sindacati e l’opposizione sono al lavoro per una giornata di protesta generale già annunciata per il primo maggio. La sentenza dei saggi, che qualcuno aveva previsto ma che contraddice la maggioranza dei costituzionalisti chiamati ad azzardare le loro previsioni dai media nei giorni scorsi, ha mandato in frantumi qualsiasi abbozzo di dialogo sociale che era stato ipotizzato nelle ultime ore. Strategia diversa, ma egualmente di opposizione totale per Marine Le Pen, che guarda prima di tutto al 2027 e alle sue ambizioni presidenziali: “La sorte politica della riforma delle pensioni non è decisa, il popolo ha sempre l’ultima parola e spetterà al popolo preparare l’alternativa che tornerà su questa riforma inutile e ingiusta”. “Questa sera non ci sono né vincitori né vinti“, ha detto la premier Elisabeth Borne cercando di gettare acqua sul fuoco, mentre i servizi di comunicazione del suo governo prendevano atto delle decisioni favorevoli dei saggi e annunciavano che “con questa riforma il sistema pensionistico francese sarà in equilibrio entro il 2030”.