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È morto Giovanni Cucchi, padre di Stefano. L’avvocato Anselmo: “Hai dato voce a tuo figlio, grazie per la tua forza”

"Ci sono parole che non si dimenticano, che restano incise anche quando le voci che le hanno pronunciate si spengono", scrive Anselmo. "Da oggi purtroppo Giovanni Cucchi non c'è più"
È morto Giovanni Cucchi, padre di Stefano. L’avvocato Anselmo: “Hai dato voce a tuo figlio, grazie per la tua forza”
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È morto Giovanni Cucchi, padre di Stefano e Ilaria. L’uomo, di 77 anni, era da tempo malato. A darne notizia è stato l’avvocato Fabio Anselmo, compagno di Ilaria e legale della famiglia. In un post Instagram, il genero ricorda Giovanni e il rapporto dell’uomo con il figlio Stefano, arrestato per droga e morto una settimana dopo all’ospedale Pertini di Roma nell’ottobre del 2009. “Ci sono parole che non si dimenticano, che restano incise anche quando le voci che le hanno pronunciate si spengono”, scrive Anselmo. “Da oggi purtroppo Giovanni Cucchi, padre di Stefano, non c’è più”. E ancora: “Giovanni, con la tua voce hai dato voce a tuo figlio. Grazie per la tua forza”.

Nel corso del processo sui depistaggi, il papà di Cucchi venne ascoltato come testimone. “Porto sempre con me una lettera di Stefano dell’agosto 2006 per dimostrare che mio figlio teneva alla sua famiglia e noi a lui. Ilaria ha dovuto scrivere un libro per smentire che noi lo avessimo abbandonato”, aveva affermato davanti ai giudici ricordando che “la sera dell’arresto nessuno gli ha rivolto brutte parole. Certo, eravamo delusi. In tribunale l’ho visto col volto sfigurato, gonfio come una zampogna e con borse sotto gli occhi. In aula Stefano mi disse ‘papà , sono stato incastrato‘. Aveva le manette e buttandomi le braccia al collo mi disse ‘è finita’ e io ‘ti portiamo in comunità'”.

Nel post di Anselmo, il ricordo va proprio a quella lettera. “Caro papà, ti sto scrivendo sul treno, quel treno che tante volte ho preso per la disperazione e non mi portava mai a destinazione. Beh, adesso questo treno mi porta da te, forse la persona più importante della mia vita”. Salutandolo, Anselmo ne ricorda la forza: “Giovanni, mentre leggeva davanti alla Corte quelle righe, tremava. La voce si spezzava, ma non si fermava. In quell’aula si è sentito il silenzio pesante di chi, per anni, ha accusato quella famiglia di menefreghismo, di vergogna, di ipocrisia. Quelle parole – semplici, umane, limpide – hanno distrutto anni di odio, menzogne e depistaggi”.

Sempre presente ai processi, insieme alla moglie Rita ha sostenuto la battaglia della figlia Ilaria sulla morte del loro secondogenito. Una verità processuale arrivata dopo oltre 15 anni con indagini che hanno portato alla luce depistaggi e insabbiamenti. Da tempo malato, Giovanni è stato assieme alla moglie – morta nell’ottobre del 2022 per una grave malattia – uno dei simboli del caso giudiziario che ha coinvolto anche i vertici romani dell’Arma di allora.

“Ilaria ci ha dato la forza per andare avanti e cercare la verità – affermava nel 2019 prima di una delle tante udienze -. Quello che abbiamo giurato davanti a quel corpo massacrato è che non ci saremmo mai fermati e così faremo, andremo sempre avanti”.

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