Tornare agli spot sessisti ci farebbe arretrare culturalmente di decenni
di Enza Plotino
Non l’avevano mai digerita quella norma, Fratelli d’Italia e Lega! Già quando era stata introdotta, nel 2021 durante il governo Draghi, aveva fatto tuonare di sdegno i vari Malan (ricordate questo nome) e altri compagnucci di partito e di coalizione. Il divieto di affiggere messaggi sessisti, omofobi o lesivi della dignità delle persone su strade, veicoli e mezzi pubblici, era per la destra “un bavaglio alla libertà d’espressione”. Una norma ideologica, “volta a limitare la libertà di espressione, con il pretesto che non può essere esercitata su strade e veicoli”, blaterava Malan. Posizione condivisa dai movimenti pro vita, che da subito avevano bollato la norma come un “ddl Zan mascherato”. Addirittura il presidente di Pro Vita & Famiglia, si chiedeva già allora: “Sarà ancora possibile affermare in una pubblicità che i bambini sono maschi e le bambine sono femmine?”.
Livelli indegni già allora. Oggi si replica.
Fratelli d’Italia con il suo campione Malan deposita un emendamento al disegno di legge Concorrenza che punta a eliminare il divieto di affiggere messaggi sessisti, omofobi o lesivi della dignità delle persone su strade, veicoli e mezzi pubblici. La destra continua nell’operazione di fare “carne da porco” di ogni conquista democratica e antidiscriminatoria e ci fa arretrare culturalmente di decenni. Decenni di riflessione etica spazzati via dall’emendamento Malan, mentre in Italia si fa molta fatica a parlare di educazione al rispetto e all’affettività.
Insorge la Conferenza delle Donne Democratiche della Provincia di Sassari che sottolinea come: “Le modifiche introdotte nel 2021 rappresentano una tappa significativa nel percorso di attuazione delle politiche di pari opportunità e nel contrasto alle discriminazioni nella comunicazione pubblica. Si tratta di una norma concreta e non solo simbolica, poiché prevede procedure di rimozione dei cartelloni illeciti (entro cinque giorni) e sanzioni per chi viola le disposizioni”. E specifica come la norma “stabilisce restrizioni per i messaggi che ‘violino la libertà individuale, i diritti civili e politici, la fede religiosa, l’appartenenza a un’etnia’ e che risultino discriminatori rispetto a sesso, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità (….). Le conseguenze sarebbero gravi: si ripristinerebbe infatti la possibilità per gli operatori pubblicitari di diffondere messaggi sessisti, oggettivanti o discriminatori, anche nello spazio pubblico; verrebbero eliminati strumenti che oggi permettono a istituzioni e cittadinanza di reagire contro campagne lesive della dignità e dei diritti umani; si segnerebbe un arretramento culturale e giuridico nella tutela contro le discriminazioni di genere, di orientamento sessuale e di ogni altra forma di marginalizzazione”.
Un atto politico vero e proprio, denunciano le donne democratiche della Provincia di Sassari. “In un Paese che deve recuperare credibilità sul piano dei diritti e della democrazia, è inaccettabile cancellare una legge che va nella direzione della civiltà e del rispetto”.