Fine vita, l’Associazione Coscioni: “Il testo della maggioranza è già incostituzionale”. Ecco i punti contestati
La legge sul fine vita della maggioranza “presenta evidenti profili di incostituzionalità“. A bocciare il testo base – approvato nelle scorse ore in commissione in Senato – è l’associazione Luca Coscioni, da anni in prima linea per chiedere un intervento legislativo del Parlamento sul tema. Sotto accusa l’intero impianto proposto dal centrodestra: l’esclusione del Servizio sanitario nazionale, l’affidamento delle decisioni a un organo di nomina governativa e l’obbligatorietà del percorso di cure palliative. Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’associazione, e il tesoriere Marco Cappato sono intervenuti in una conferenza stampa online per ribadire la loro contrarietà e rilanciare la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare sulla legalizzazione dell’eutanasia.
La prima a prendere la parola è stata Gallo: “Il testo della maggioranza”, ha dichiarato, “prevede che non siano più applicabili gli articoli della legge sul testamento biologico e presenta evidenti profili di incostituzionalità già nel suo impianto iniziale”. Questo “perché mira a cancellare diritti riconosciuti dall’ordinamento e ribaditi dalla Corte costituzionale, secondo cui la vita è un bene fondamentale, ma non è e non può essere un dovere se una persona, in condizioni di piena capacità, sceglie consapevolmente di porvi fine a fronte di sofferenze intollerabili”. Inoltre, con l’obbligatorietà delle cure palliative e la nascita di un comitato di nomina governativa, “vengono introdotti tempi di attesa incompatibili con le condizioni di chi soffre, non rispettando nemmeno la legge 219/17 sulle disposizioni anticipate di trattamento”. E ancora: “La Corte costituzionale ha chiesto al Parlamento una legge che regolamenti l’aiuto medico alla morte volontaria, rispettando e applicando le sentenze della Corte – che hanno valore di legge e che non possono essere ignorate dal legislatore. Serve una legge che rispetti la libertà e i diritti delle persone, non che le neghi”, ha concluso Gallo. L’avvocata ha anche ricordato che l’8 luglio la Consulta discuterà per la prima volta dell’incostituzionalità dell’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente), esprimendosi per la prima sul tema dell’eutanasia attiva.
Nella seconda parte della conferenza stampa, è poi intervenuto Marco Cappato, secondo il quale la maggioranza si è mossa per ridurre le possibilità di accesso al fine vita: “Il testo non mira a privatizzare l’aiuto alla morte volontaria, ma a vietarlo”, ha detto. “Questa legge infatti cambia i parametri stabiliti dalla Corte costituzionale, perché restringe l’accesso solo alle persone collegate a macchinari (‘dipendenti da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali’), escludendo chi dipende dall’assistenza di terzi, come famigliari e caregiver”. Questi, ha ricordato Cappato, sono invece casi già “previsti dalla Consulta: “Così si escludono in partenza la quasi totalità delle persone che ne hanno bisogno”. A preoccupare è anche il “coinvolgimento preventivo dell’autorità giudiziaria” che “blocca le procedure”, ha denunciato Cappato. “Non è una legge che regola l’aiuto alla morte volontaria, è una legge che lo cancella”.
Contro la proposta della maggioranza si sono già espresse le opposizioni, dal Pd a M5s e Avs. Un testo sul tema del fine vita “dovrebbe rispettare i paletti della Corte costituzionale”, ha dichiarato oggi il leader M5s Giuseppe Conte parlando con i cronisti a Montecitorio, “si tratta di un tema delicato e complesso, ci sono diverse sensibilità, bisognerebbe partire dalle sentenze della Corte”. Per Ilaria Cucchi (Avs) così facendo “il fine vita sarà a pagamento. Quella proposta dalla destra è una legge ideologica e classista, che non risolverà nulla. Noi continuiamo a ribadire che solo il Servizio Sanitario Nazionale è in grado di garantire lo stesso trattamento per tutti, la dignità dei malati e che non ci siano differenze legate alle possibilità economiche dei singoli. La destra italiana è oscurantista e fa di tutto per impedire che il Parlamento approvi una legge giusta sul fine vita”.
A schierarsi oggi anche la Società Italiana di Neurologia (Sin), che ha chiesto “una legge equa, chiara, efficace e condivisa per tutelare la dignità e l’autonomia delle persone affette da gravi malattie neurologiche che richiedono il suicidio medicalmente assistito”. Innanzitutto, hanno scritto in una nota, “si ricorda che, a oggi, in Italia non è garantito un accesso universale ed equo alle Cure Palliative, in particolare in ambito neurologico”. Inoltre, mettono in evidenza l’assenza della figura del neurologo nel “comitato” che dovrà prendere le decisioni e, dicono, “questo si scontra con la realtà delle richieste in Italia dove la patologia neurologica è nettamente maggioritaria”. Per la Società di neurologia inoltre, a preoccupare sono i tempi decisionali che restano lunghi e “potrebbero allungarsi ulteriormente a seguito della centralizzazione, a fronte di richieste che richiedono una valutazione doverosamente rapida”. Infine, denunciano “l’assenza di modalità organizzative chiare e sostenibili che garantiscano equità di accesso e un adeguato monitoraggio tramite il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Al contrario, viene espressamente vietato l’impiego delle risorse del SSN. A questo riguardo, SIN e il suo Presidente esprimono piena sintonia con il Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri che ricorda come “il SSN, con tutti i suoi problemi, è il luogo che difende la dignità delle persone“.
Sul testo base, si è poi espressa anche la Società Italiana di Cure Palliative, ricordando come l’accesso è “un diritto esigibile dal malato, che lo esercita in piena autonomia. Le Cure Palliative sono e devono essere una scelta naturale della persona, ispirata alla ricerca della migliore qualità di vita possibile nella malattia. Non un criterio di selezione”. Per il presidente Gianpaolo Fortini, “le cure non sono in alcun modo associabili a un percorso di fine vita”. Porle come prerequisito ne “snatura il senso”. Senza dimenticare che in Italia l’accesso alle cure palliative “è ancora al di sotto dei livelli di sufficienza, attestandosi al 33% come media nazionale. E con forti ed evidenti disparità territoriali e differenze regionali”. Su 590 mila adulti che ne avrebbero necessità, solo uno su quattro ha effettivo accesso a percorsi specifici di Cure Palliative. Soltanto nove Regioni soddisfano pienamente il fabbisogno di équipe palliative domiciliari, solo cinque Regioni su 21 hanno strutturato l’attività di consulenza intra ed extra ospedaliera, e solo 3 su 21 il livello ambulatoriale.