Fine vita, il centrodestra scopre le carte: esclusa la sanità pubblica, sull’accesso deciderà un organo di nomina politica

Dopo mesi di stallo il centrodestra scopre le carte sul fine vita, la legge che dovrà disciplinare l’accesso al suicidio assistito sulla base della sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato/Dj Fabo. I relatori di maggioranza al Senato (Pierantonio Zanettin di Forza Italia e Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia) hanno presentato una nuova proposta di quattro articoli, che mercoledì è stata votata come testo base dalle Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali, con il no delle opposizioni. Il nuovo testo sostituisce quindi le cinque proposte alternative depositate finora, in discussione in Commissione da oltre un anno, su cui non era mai stato trovato un compromesso. Il provvedimento è atteso in Aula il 17 luglio: il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato a martedì 8.
Il Ssn escluso dalle procedure – Il punto più controverso, già anticipato nei giorni scorsi, è l’esclusione del Sistema sanitario nazionale dalle future procedure di suicidio assistito: “Il personale in servizio, le strumentazioni e i famaci di cui dispone a qualsiasi titolo il Sistema sanitario nazionale non possono essere impiegati al fine della agevolazione del proposito di fine vita”, si legge. Ad accertare la sussistenza dei requisiti indicati dalla Consulta nella sentenza del 2019 – patologia irreversibile fonte di sofferenze intollerabili, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, capacità di decidere in modo libero e consapevole – sarà un “Comitato nazionale di valutazione“, formato da sette componenti nominati dal presidente del Consiglio, “di cui un giurista, un bioeticista, un medico specialista in anestesia e rianimazione, un medico specialista in medicina palliativa, un medico specialista in psichiatra, uno psicologo e un infermiere”.
Ristretti i requisiti della Consulta – Rispetto ai criteri dettati dalla Consulta, per poter accedere al suicidio assistito viene aggiunta – all’articolo 2 – la condizione che la persona sia “inserita nel percorso di cure palliative“. Anche il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale viene ristretto: la norma infatti usa l’espressione “trattamenti sostitutivi di funzioni vitali” (ad esempio un respiratore), in una retromarcia rispetto all’estensione del criterio riconosciuta l’anno scorso dai giudici costituzionali. L’articolo 3 detta “disposizioni per garantire l’accesso” alle cure palliative allo scopo di ridurre le disparità tra Regioni, e prevede l’istituzione di un apposito osservatorio da parte di Agenas, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali. All’articolo 1 si riconosce il diritto alla vita come “diritto fondamentale in quanto presupposto di tutti i diritti dell’ordinamento”: sparisce l’inciso “dal concepimento alla morte naturale”, presente in una prima bozza e contestatissimo dalle opposizioni.
Pd: “Privatizzazione del fine vita” – Critiche unanimi dai partiti di centrosinistra. Dal Pd il senatore Alfredo Bazoli giudica “insoddisfacente” la proposta: “Sono molti i punti critici, dalla stretta ai criteri di accesso rispetto a quelli stabiliti dalla Corte, al comitato nazionale troppo esiguo e composto da figure che non danno garanzie di autorevolezza, fino alla totale esclusione di un ruolo al servizio Sanitario nazionale, che apre la strada a una privatizzazione del fine vita, con buona pace dell’uniformità di trattamento e della parità di accesso”. Per Mariolina Castellone del M5s la proposta “non recepisce la sentenza ma la restringe”, perché “richiede che le persone che fanno accesso a questo percorso siano inserite in percorsi di cure palliative quando invece ciò non è scritto nella sentenza della Corte”, accusa. E si scaglia contro “la nomina di un comitato etico, una nomina politica di sette persone scelte non si capisce in base a quali criteri. Mentre noi vorremmo che fossero le principali associazioni, enti e società scientifiche a scegliere le persone più esperte a trattare questo tema. Poi c’è la parte dell’esclusione del Servizio sanitario nazionale, veramente incomprensibile. Non può essere un qualsiasi medico, tra l’altro fuori dall’orario di lavoro, a fare queste terapie”.
Magi (+Europa): “Offesa a chi soffre” – Il testo della maggioranza è “un’offesa alle persone che soffrono, ai loro familiari e alla laicità dello Stato”, accusa invece il segretario di +Europa Riccardo Magi. L’obbligo di cure palliative come condizione necessaria per accedere al suicidio assistito è un obbrobrio, mentre l’esclusione del Servizio sanitario nazionale è classista: ci sarà chi potrà permettersi di ricorrere all’eutanasia e chi dovrà soffrire le pene dell’inferno perché non ha i soldi. Sempre che ci sia l’autorizzazione del comitato etico nominato da palazzo Chigi: una sorta di Sacra Rota con cui il governo si infila dentro il letto di morte dei cittadini e che dovrebbe far gelare il sangue a qualsiasi persona abbia a cuore la laicità dello Stato e le libertà individuali. C’è da sperare che questo testo non venga approvato, altrimenti sarebbe un passo indietro rispetto alla sentenza della Corte. Meglio nessuna legge che questa legge”, conclude.