“Nell’archivio dello Ior c’è un rapporto su Emanuela e se lo dico è perché so che è così. Per questo quando all’ex capo della gendarmeria Domenico Giani fu chiesto di fare una ricerca su Emanuela (nel 2012, ndr) l’unico posto in cui gli fu impedito l’accesso fu l’archivio della Banca Vaticana”: a fare questa rivelazione è Pietro Orlandi, fratello della cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno del 1983 in un mistero senza fine. Ieri, per ricordare l’anniversario del rapimento di Emanuela Orlandi, dopo 42 anni sono arrivati in Piazza Risorgimento a Roma attivisti da tutta Italia e da tutto il Mondo.
L’appello al Papa
“Qui sembra rimasto tutto fermo da quel 22 giugno. Per me non esiste più passato, presente o futuro, è come se io stessi fermo e mi gira tutto intorno. Sono entrato in quella parentesi e aspetto che si chiuda per ricominciare a vivere. Mi sembra che Emanuela passasse di qui qualche attimo fa. All’epoca ci sentivamo come se il Papa ci tenesse per mano, protetti e al sicuro da tutto. Poi è come se lui ci avesse lasciato la mano per andarsene da un’altra parte”. Gli Orlandi erano tra le pochissime famiglie a vivere tra le mura Vaticane ed erano cittadini dello Stato Pontificio perché il padre di Emanuela e dei suoi quattro fratelli, Ercole Orlandi era un messo papale, un maggiordomo del Papa. “È triste pensare che questo nuovo Papa sia il quarto legato a questa vicenda. Non posso fare a meno di essere arrabbiato con il Vaticano, ci hanno voltato le spalle. Spero che questo Papa sia diverso. Lui vive qui da anni, non può non aver percepito la pressione mediatica su questa storia. Non è secondaria ad altre situazioni all’interno del Vaticano. Spero la consideri una situazione da risolvere. Perché questa falla si è allargata sempre di più, loro non potevano nemmeno immaginare che dopo 42 anni saremmo ancora scesi in piazza per chiedere verità e giustizia”. Pietro poi rivolge un appello al neo eletto Papa Leone XV : “Domani ci sarà il suo primo Angelus nell’anniversario di Emanuela, nessuno se l’aspetta ma sarebbe bello se la ricordasse nel giorno della scomparsa per farci capire che sta nei suoi pensieri e che in qualche modo va risolta. Lui può affacciarsi da quella finestra e dire ciò che vuole, sarebbe apprezzato da tanti fedeli nel mondo. Io voglio crederci, domani andrò a sentire l’Angelus. Non si sa mai”, conclude ottimisticamente.
L’oggetto del ricatto
“La verità è pesante, non basta rapire una ragazzina per ricattare lo Stato più potente al mondo. L’oggetto del ricatto era importante. Escludo – dice Pietro – che sia stata rapita da un gruppo di criminali romani per riavere indietro dei soldi, il Vaticano l’avrebbe risolto subito un problema così”. Parla della cosiddetta pista economica che vedrebbe il rapimento di Emanuela come un tentativo da parte della mafia di recuperare dei soldi investiti nello Ior e poi spariti nel crack del Banco Ambrosiano che ne era il principale azionista. Questa pista sarebbe collegata anche all’oscuro mistero della morte del banchiere Roberto Calvi ma dice Pietro Orlandi: “C’era qualcosa di diverso dietro. Il Vaticano è uno Stato potente. Non si tratta di una questione di soldi e nemmeno di un abuso. Se Emanuela avesse subito un abuso da un cardinale lo avrebbero scomunicato e avrebbero risolto la questione. Chi ha ricattato il Vaticano lo ha fatto perché voleva gestire lo Stato Pontificio e questa situazione va avanti da 42 anni, Emanuela è stata una pedina di questo grande puzzle”.
Rudolf di Teuffenbach
Pietro ha poi ricordato della Pista di Bolzano su cui indagò all’epoca il giudice Ilario Martella. Due signore di Torlano, vicino Bolzano, lo ricordiamo, testimoniarono il passaggio di Emanuela Orlandi lì insieme a un certo Rudolf di Teuffenbah, un ufficiale del Sismi a Monaco di Baviera. Una di loro la riconobbe anche per via della collanina intrecciata a mano che portava al collo. La vide mentre fu portata in questo casolare in cui lei lavorava occupandosi dei campi col marito. Emanuela le chiese un telefono, in un attimo in cui riuscì ad allontanarsi ma lei non ne aveva uno in casa. L’altra era una maestra di musica a cui Emanuela Orlandi telefonò chiedendo aiuto. Ricorda Pietro: “Questa insegnante di piano conosceva la scuola di musica di Emanuela qui a Roma dove lei andava spesso (un istituto legato al Vaticano, ndr) e lasciava i suoi bigliettini, ha poi detto. Noi avevamo già cambiato numero, forse per questo lei telefonò lì. Aveva uno di questi bigliettini da visita. Questo Rudolf faceva parte di un gruppo personaggi che erano dediti a feste orgiastiche. Con quell’inchiesta hanno toccato una situazione che tirava in ballo personaggi importanti, uno stava anche nell’ordine dei Cavalieri di Malta. Era meglio non toccare quella storia e così hanno chiuso le indagini. Tale Rudolf spesso prestava servizio anche per il Senato (il luogo da cui scomparve Emanuela, ndr) e aveva una figlia impiegata in archivio vaticano. Furono tuti indagati e poi prosciolti con la chiusura delle indagini”.
“Emanuela fu filmata”
Sulle dichiarazioni venute fuori due giorni fa rilasciate durante il programma Far West da una amica di infanzia di Emanuela che avrebbe assistito a delle molestie nei Giardini Vaticani subite dalla ragazza da parte di un alto prelato dice Pietro: “Si va sempre a puntare il dito su Marcinkus (l’arcivescovo americano ex capo dello Ior tirato in ballo da Far West) ma lui non aveva necessità di abusare di una cittadina vaticana, se voleva poteva avere tutte le donne che voleva”. E infine lo scenario più verosimile secondo il fratello di quanto può esserle accaduto: “Emanuela può essere stata portata in un posto dove accadevano cose particolari legate al Vaticano. Può essere rimasta sconvolta da quel tipo di situazioni e qualcuno lo ha documentato anche con un video. Enrico de Pedis (da anni indicato come coinvolto nel sequestro della ragazza dai magistrati romani, ndr) in un appartamento all’Eur aveva delle telecamere dietro a degli specchi trasparenti in camera da letto per ricattare le persone potenti adescate da Sabrina Minardi. Lei li adescava, li filmavano e poi lui li ricattava, era una cosa comune in quell’ambiente. Io penso che Emanuela sia stata filmata come testimone di quello che accadeva in certi posti ed era necessario tenerla in vita per questo: per poter continuare a ricattare lo Stato Vaticano. Credo sia tutta una questione di potere. Qualcuno ai vertici di un altro Stato, negli anni ‘80 voleva acquisire il potere dello Stato Vaticano”.