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Rosanna Natoli, l’amica di La Russa si dimette dal Csm a quasi un anno dallo scandalo: “Privata del diritto al lavoro”

Il passo indietro della consigliera di FdI dopo una lunghissima resistenza (persino al Quirinale): "Obbligata contro la mia volontà". E ora si apre la partita della successione
Rosanna Natoli, l’amica di La Russa si dimette dal Csm a quasi un anno dallo scandalo: “Privata del diritto al lavoro”
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Si è dimessa dal Consiglio superiore della magistratura l’avvocata Rosanna Natoli, la consigliera in quota Fratelli d’Italia, vicinissima al presidente del Senato Ignazio La Russa, protagonista la scorsa estate di uno scandalo che portò alla sua sospensione dall’organo. Natoli, allora membro della Sezione disciplinare del Csm – il tribunale interno che giudica sugli illeciti deontologici delle toghe – aveva incontrato in privato Maria Fascetto Sivillo, giudice catanese sotto processo proprio di fronte a quel collegio, dandole suggerimenti sulla strategia difensiva, rivelandole gli “umori” della camera di consiglio e affermando di essersi interessata al suo caso perché “amica degli amici” (l’audio). Il caso era esploso a luglio 2024, quando l’avvocato di Fascetto, Carlo Taormina, aveva depositato la registrazione del colloquio – fatta di nascosto dalla sua assistita – durante un’udienza disciplinare.

Per questa vicenda l’ormai ex consigliera è tuttora indagata a Catania per rivelazione di segreto d’ufficio (il fascicolo era stato aperto a Roma con l’ulteriore contestazione di abuso d’ufficio, ma poi trasferito per competenza territoriale dopo che il reato è stato abolito dalla legge Nordio). Sulla base del procedimento penale in corso, l’11 settembre il Csm aveva votato a maggioranza la sua sospensione dalla carica e dallo stipendio (provvedimento poi confermato dal Tar). Finora però Natoli aveva sempre rifiutato di dimettersi, nonostante il pressing arrivato direttamente dal capo dello Stato Sergio Mattarella (presidente di diritto dell’organo) lasciando la maggioranza parlamentare con un voto in meno a palazzo Bachelet. Secondo la convinzione comune, il mancato passo indietro era dovuto alla speranza di una rapida archiviazione dell’indagine, che le avrebbe consentito automaticamente di tornare in sella.

Quell’esito però non è ancora all’orizzonte, e così sabato è arrivata la svolta: con una lettera inviata al Csm e ai presidenti di Camera e Senato – anticipata dal quotidiano Il Dubbio – Natoli ha rassegnato le dimissioni, definendo la scelta “obbligata e non frutto della mia libera volontà“. L’avvocata lamenta infatti di non poter più esercitare la professione, rimanendo formalmente una consigliera del Csm, e quindi di essere privata del diritto costituzionale al lavoro: “Tale situazione, oltre alle intuibili conseguenze economiche, sta ledendo la mia immagine di professionista, la mia dignità personale e sta arrecando grave danno all’equilibrio psico-fisico mio e della mia famiglia”, afferma. La sospensione dal Consiglio senza poter riprendere a fare l’avvocato, sostiene, “di fatto equivale a un provvedimento espulsivo, in quanto mi costringe ad assumere l’odierna decisione di dimettermi, non potendo più attendere i tempi dell’iter giudiziario. Preciso”, aggiunge, “che tale decisione non comporta ovviamente la rinuncia a proseguire il percorso giudiziario, perchè sono certa che dimostrerò la mia estraneità ai fatti e, conseguenzialmente, l’illegittimità della mia sospensione ed indiretta espulsione dal Consiglio superiore della magistratura, riservandomi di tutelare, in tutte le competenti sedi, i miei diritti”.

Le dimissioni di Natoli aprono la partita per la sua successione: per eleggere il nuovo consigliere laico sono richiesti i voti di tre quinti del Parlamento in seduta comune. Difficile, quindi, che possa passare un profilo di stretta osservanza partitica come quello dell’amica di La Russa (che con FdI si era addirittura candidata alla Camera). La scelta potrebbe ricadere su un nome “super partes“, un professore o avvocato di rilievo in grado di convogliare almeno i consensi dei centristi di Azione e Italia viva. Ma non è escluso che le opposizioni puntino sull’ostruzionismo, per “congelare” il vantaggio numerico in Consiglio fino alla scadenza dell’organo, prevista per l’inizio del 2027.

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