Sembra una storia già raccontata, ma l’Europa rischia di nuovo di spaccarsi sul tema immigrazione. Questa volta, però, l’innesco non è posizionato nel bel mezzo del mar Mediterraneo, lungo la cosiddetta rotta balcanica o nelle mani dei Paesi di primo approdo. A impugnare il detonatore è il candidato alla cancelleria tedesca della Cdu/Csu, Friedrich Merz. E nonostante il Bundestag abbia bocciato in seconda battuta i provvedimenti spinti dal leader cristiano-democratico, la prima votazione passata grazie al supporto dell’estrema destra di Alternative für Deutschland ha aperto una ferita interna al partito che si è allungata fino a Bruxelles, terremotando gli equilibri tra capi di Stato e di governo del Partito Popolare Europeo e, più in generale, della nuova maggioranza Ursula.

I malumori per la mossa di colui che potrebbe diventare il nuovo cancelliere tedesco sono emersi di nuovo anche lunedì, quando un’ora prima dell’incontro informale dei leader Ue a Bruxelles sì è tenuto un briefing del Ppe alla presenza dei capi di Stato e di governo di marca popolare, della presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, del capogruppo e presidente del Ppe, Manfred Weber, e di alcuni vicepresidenti. Se il tema del successivo incontro informale era la Difesa europea, a tenere banco tra gli alti esponenti della principale famiglia politica Ue è stata solo la situazione politica in Germania e l’apparente apertura dell’aspirante cancelliere a un partito intorno al quale era stata tracciata una linea rossa da non oltrepassare. Lui ha cercato più volte di tranquillizzare compagni di partito e opposizioni: “Mai un’alleanza con AfD. Ma è evidente che la questione è tutt’altro che rientrata.

Il messaggio recapitato da diversi partecipanti alla riunione è facilmente riassumibile: sdoganare AfD potrebbe facilitare e velocizzare la crescita della formazione ultranazionalista, oggi data intorno al 23%, così da renderla una reale minaccia anche alla leadership cristiano-democratica nel Paese. Un conto, hanno detto, è smantellare il Green Deal anche con l’aiuto dei partiti conservatori, un altro è tentare di approvare politiche migratorie più severe col voto determinante degli ultranazionalisti. Una scelta, sostengono dall’ala più liberale del Ppe, che non solo rischia di dare slancio alla formazione guidata da Alice Weidel e Tino Chrupalla, ma anche di minare la credibilità della Cdu agli occhi dei partiti pro-Ue.

Anche perché, e questo è un problema apparentemente solo tedesco, se si intraprendessero politiche così radicali in patria sarebbe difficile per gli europarlamentari della Cdu, nonostante le posizioni all’interno del partito siano più eterogenee di quanto si possa pensare, non cercare di mantenere una certa coerenza anche a Bruxelles. Coerenza che, però, segnerebbe una rottura con altre anime più liberali del Ppe che, a quel punto, si sentirebbero autorizzate a seguire esclusivamente i propri referenti nazionali, sfaldando di fatto il partito a livello europeo.

Un esempio su tutti, emerso proprio nel corso dell’ultimo meeting dei Popolari, è quello che riguarda la proposta di Merz di ripristinare controlli di frontiera a tutti i confini tedeschi. A chiedere la parola nel corso della riunione, da quanto apprende Ilfattoquotidiano.it, è stato il primo ministro polacco, Donald Tusk, secondo cui se si deve arrivare a una sospensione de facto di Schengen la decisione deve essere presa a livello europeo, all’interno del Ppe. I motivi sono due, ha spiegato il leader di Varsavia sostenuto anche dai premier di Grecia, Bulgaria e dal presidente della Romania: mostrare unità tra i Popolari Ue e soprattutto evitare ripercussioni nell’opinione pubblica dei singoli Stati membri. Una decisione del genere da parte della Germania, con il tema migranti capace di spostare sensibilmente i consensi, rischierebbe infatti di scatenare un effetto domino: gli altri governi Ppe si ritroverebbero pressati dal proprio elettorato che chiederebbe loro di seguire l’esempio di Berlino.

Che il tema fosse delicato è cosa nota. Sdoganare l’AfD e farlo sulla sua principale battaglia elettorale, quella dell’immigrazione, rischierebbe di rovesciare sulla formazione di ultradestra un carico di voti. Non è un caso se dopo la mossa di Merz ha deciso di prendere la parola anche la madre politica della Cdu, Angela Merkel, condannando la scelta. Ora il partito deve prendere una decisione, proseguire con la svolta a destra del suo leader, che per il momento non è servita ad arginare l’ascesa di AfD, o tornare alla vocazione centrista dell’ex cancelliera abbandonando in parte anche l’approccio intransigente sulla questione migranti.

X: @GianniRosini

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