“Al di là del nome orrido ‘Salva Milano’, dato sicuramente da qualcuno a destra, voglio precisare una cosa: Milano si salva da sola e io non sto chiedendo al Parlamento un salvacondotto, ma di dare un’interpretazione dal punto di vista legislativo e di dire se avevamo ragione noi o no. Il Pd alla Camera ha votato compatto sul Salva Milano, al Senato stanno facendo valutazioni. Al Pd, che non è il mio partito perché non ho la tessera ma è il mio azionista di riferimento, dico: siate chiari, ditemi come va a finire e cosa farete“. Sono le parole pronunciate su Rtl 102.5 dal sindaco di Milano Beppe Sala sulla cosiddetta norma ‘Salva Milano’, la legge nata per sbloccare i tanti cantieri finiti sotto sequestro dalla Procura di Milano per presunte irregolarità edilizie nella costruzione di palazzi e grattacieli.
Sull’emittente radiofonica proprio oggi Sala inaugura la prima puntata della nuova rubrica “Beppe Sala a tutto campo”, dove risponde a domande dei cittadini milanesi. Sul provvedimento riguardante la sua città, il primo cittadino fa una lunga premessa esplicativa, poi lamenta: “Noi l’anno scorso abbiamo perso 165 milioni di oneri di urbanizzazione. Siccome io la pianta da cui vengono giù i soldi non l’ho ancora trovata, per quest’anno me la cavo, ma poi sono costretto a tagliare i servizi ai cittadini. Il problema è che questo tema si sta dibattendo da mesi e mesi. Io alla fine chiedo solo questo: si può o non si può?”.
E aggiunge: “Alla fine sono io lì a dover gestire la situazione e a confrontarmi con gli investitori che mi dicono che se queste sono le regole, a Milano non vengono più. Sono io a dover affrontare i minori introiti e il fatto che ci sono centinaia di famiglie che hanno comprato quegli immobili ma il notaio non rogita perché non può rogitare. Quindi la situazione è oggettivamente complessa”.
Sala conclude: “Sapete perché mi batto per avere una norma nel Parlamento? Nel 2009 ero direttore generale del Comune di Milano, conosco i dirigenti e i funzionari come le mie tasche, per me non sono un nome e cognome, ma sono delle persone.I due primi dirigenti che sono stati rinviati a giudizio li conosco da allora e tra l’altro sono già in pensione. Capite che da “capo” di queste persone – chiosa – io mi senta la responsabilità di trovare una via per cui questi si godano la loro pensione dopo 40 anni che hanno lavorato in Comune interpretando il volere della politica? Quindi è responsabilità nostra”.