Cinema

Manetti Bros. retrospettiva dei loro film (più Coliandro) al Festival di Rotterdam: “Onore e stupore. Facciamo le pellicole che ci piacciono”

"Siamo di fronte ad una rarità. Una retrospettiva così approfondita non tutti i registi italiani, anche più importanti di noi, se la possono permettere”, spiega Marco Manetti a FQMagazine

di Davide Turrini

Nove film più un episodio dell’Ispettore Coliandro. La retrospettiva Manetti Bros al 56esimo Rotterdam Film Festival è servita. Gli autori della trilogia su Diabolik sono praticamente già sul Mare del Nord. Fino al 4 febbraio sugli schermi del RFF si potranno vedere: “Ammore e Malavita”, “Diabolik”, “Diabolik – Ginko all’attacco!”, “Diabolik Chi Sei?”, “L’Arrivo di Wang”, “Piano 17”, “Song ‘e Napule”, “Zora La Vampira”, “Torino Boys” e l’episodio “Black Mamba” della serie “L’ispettore Coliandro”. Praticamente tutta la filmografia di Antonio e Marco Manetti in uno degli spazi internazionali più prestigiosi di cinema che conta. “Molto onore e stupore. Siamo di fronte ad una rarità. Una retrospettiva così approfondita non tutti i registi italiani, anche più importanti di noi, se la possono permettere”, spiega Marco Manetti a FQMagazine. Con una puntualizzazione: “Abbiamo chiesto noi di togliere un film e inserire Black Mamba: non si possono capire i Manetti senza un episodio di Coliandro”.

A questo punto andavano inseriti anche i videoclip, tra Max Pezzali, Alex Britti, Piotta, Mietta, ecc… aiutano a capire chi siete e da dove venite…
Non ci siamo spinti troppo in là, non volevamo rompere troppo le scatole (ride ndr). Però sono d’accordo, vanno mostrati. I nostri film sono già stati distribuiti in festival internazionali ma questa di Rotterdam è davvero un’opportunità per essere riconosciuti anche a livello personale e non solo per i film.

Qual è invece il film a cui siete più legati tra quelli che presenterete a Rotterdam? Quello su cui verserete una lacrima durante la proiezione?
Se ci mettiamo le lacrime siamo più legati a Piano 17. Non so se è una stupidaggine, ma ci siamo accorti ieri che non c’è un Q&A alla fine della proiezione. Dobbiamo parlare con la direttrice pregandola di modificare il programma, avremmo una marea di cose da dire.

Parliamo di un film cult da 70mila euro di budget…
È un film che ci rappresenta al di là del contenuto. Dico come filosofia di come fare un film. Un’opera che appartiene al nostro team un po’ baracconesco con cui lavoriamo da anni. Poi perché è un film riuscitissimo. Di solito siamo autolesionisti con i nostri titoli, ma questo film con pochi soldi è venuto proprio bene.

A posteriori Piano 17 è stato davvero un bivio nella vostra carriera…
Dopo il successo della prima stagione di Coliandro invece di puntare in alto facemmo un film così a basso budget. Era quello che volevamo fare e che poi ci ha caratterizzato. Forse all’epoca compimmo un gesto coraggioso, forse un po’ folle, proprio dopo Coliandro e per proseguire con Piano 17: un grande produttore ci chiese se da Rai2 passavamo a Rai1 per la seconda stagione di una serie importante… Lasciammo perdere.

Qual era questa serie? Il Paradiso delle signore?
Non posso dirlo, ma era più di genere poliziesco

A livello espressivo L’ispettore Coliandro è un ponte tra la vecchia formula del telefilm e la nuova infornata delle serie in streaming…
Coliandro ha preconizzato molte dinamiche delle serie attuali. Ad esempio aveva una fanbase. Tra l’altro fu la prima volta che venimmo chiamati in maniera canonica per un lavoro. Poi quando vedemmo il soggetto impazzimmo. Ce ne siamo involontariamente innamorati. Il nostro piacere è stato di rifare le serie tv vecchio stile che amavamo da ragazzini in un modo nuovo che sarebbe poi arrivato con le serie.

Un inciso: in questi giorni si parla molto del limite dei 30 km orari imposto a Bologna (luogo in cui è ambientata la serie) nelle strade principali fuori dal centro. Siamo curiosi: Coliandro li rispetterebbe?
(ride ndr) Prenderebbe un sacco di multe poi andrebbe dal capo dei vigili urbani con la tesserina da poliziotto per farsele togliere.

Il vostro rapporto con il cinema di genere anni sessanta/settanta è più sanguigno che autoriale…
Lo definirei un rapporto libero: non vogliamo essere riconosciuti alle cene come autori, ma vogliamo fare quello che ci pare. In questo ci sentiamo autori al 100%: fare film che ci piacciono al di là di quello che chiede il mercato.

E ora dopo la sfida della triade Diabolik che faranno i Manetti?
Con Diabolik ci siamo divertiti con un mito della nostra infanzia, però dopo tre anni ci siamo dedicati a una roba più nostra. Siamo al montaggio di U.S. Palmese, un film di genere sportivo, sul calcio dilettanti in Calabria a Palmi, paese di nostra madre, a cui siamo molto legati. Mostriamo una Calabria meno piagnona e sociale di quelle vista sempre. Protagonisti sono Rocco Papaleo nei panni di un contadino calabrese che raccoglie soldi per comprare un campione di calcio per una squadra di dilettanti e l’attore franco-belga Blaise Alfonso nei panni del campione.

Rispetto alla piccola produzione di Piano 17 far parte oggi della casa di produzione Mompracem è una cosa seria. Controllare la leva produttiva è fondamentale anche per quella libertà creativa che inseguite da decenni.
Mompracem è stata fondata assieme a un vero produttore come Carlo Macchitella che però è morto un anno fa. Lui ci ha insegnato a fare questo lavoro in maniera per così dire seria. Adesso raccogliamo la sfida senza di lui. Una sfida che ci inorgoglisce. Ci piace veder crescere Mompracem anche producendo grossi film di altri e non nostri. In Mompracem si è aggiunto un nuovo socio, amico da una vita, come Pier Giorgio Bellocchio. Uno che conosce già benissimo questo mestiere. Con Carlo era sempre un braccio di ferro: lui ci spingeva a pensare in grande e noi volevamo rimpicciolire gli obiettivi. Ora a pensare in grande ci pensiamo noi.

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