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Gianni Boncompagni derubato dal direttore della sua banca ora a processo: “Sottratti oltre 170mila euro”

Il funzionario di banca, peraltro amico di Boncompagni. avrebbe raggirato l’ideatore di Non è la Rai nei suoi ultimi anni di vita

di Davide Turrini

Gianni Boncompagni derubato da una banca. Non è una gag di Alto Gradimento, ma ciò che è accaduto realmente al celebre autore televisivo morto nel 2017. Boncompagni era infatti rimasto vittima di una truffa architettata dal funzionario di una filiale di Roma Nord della Deutsche Bank. Il 40enne in questi giorni a processo aveva sottratto quasi un milioni di euro dai conti di alcuni suoi clienti. Le indagini hanno rilevato che il bancario 40enne avrebbe compiuto quattro operazioni sospette sul conto di Boncompagni.

Si tratterebbe di quattro assegni circolari: uno di 14mila euro, un altro di 20mila uno di 50mila e uno di 90mila. Il funzionario di banca, peraltro amico di Boncompagni. avrebbe raggirato l’ideatore di Non è la Rai nei suoi ultimi anni di vita. Il bancario è oggi accusato di appropriazione indebita di beni altrui, aggravata dalle ingenti cifre e dai mezzi fraudolenti. Il periodo della truffa andrebbe dal 13 febbraio del 2014 al 13 luglio del 2016.

Oltre ai 174mila euro sottratti a Boncompagni, quasi 800mila euro sono stati rubati alle sorelle Maria Rosaria e Maria Letizia Luzi, anche loro, come Deutsche, parti civili nel processo. I “prelievi” dai conti, secondo l’ipotesi della procura, sarebbero stati effettuati attraverso assegni circolari che il responsabile della filiale avrebbe intestato a persone amiche, che però non sono finite sotto accusa. Ma anche attraverso la falsificazione dei titoli. Nel corso della prima udienza svoltasi nelle scorse ore erano presenti le parti civili, tra cui la stessa Deutsche Bank e la figlia di Boncompagni. Il processo è stato comunque rinviato ad aprile davanti al giudice monocratico. Un ultimo dato: gli avvocati della difesa hanno ricordato che le somme sottratte sono state restituite e che la ricostruzione dell’accusa “non è rispondente alla realtà”.

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