La Cina ha deciso di dimezzare la tassa sulle transazioni azionarie nel tentativo di ripristinare la fiducia sui mercati, nel mezzo delle turbolenze finanziarie e immobiliari e dei timori sulla tenuta dell’economia. L’intervento, operativo da oggi, è il primo del suo genere dal 2008 e, secondo una nota congiunta del ministero delle Finanze e dell’Amministrazione fiscale, punta “a rinvigorire il mercato dei capitali e ad aumentare la fiducia degli investitori”. Finora l’imposta era pari allo 0,1%. La mossa ha fatto volare le Borse cinesi e influenzato in positivo anche quelle statunitensi ed europee.

L’attivismo delle autorità cinesi contro la sfiducia ha visto diversi interventi negli ultimi giorni, tra cui quello su grandi fondi, banche e assicurazioni locali per non far mancare il loro supporto all’economia reale. La China Securities Regulatory Commission, facendo leva sulle “recenti condizioni di mercato”, ha deciso rallentare il ritmo delle Ipo e ha annunciato che saranno imposte restrizioni alla frequenza e all’entità dei rifinanziamenti per le società che registrano perdite finanziarie ripetute e i cui prezzi delle azioni sono scesi al di sotto dei livelli d’esordio in Borsa o del patrimonio netto.

La decisione di Pechino non è bastata comunque per evitare che i titoli di Evergrande, lo sviluppatore immobiliare più indebitato al mondo, chiudessero la seduta a -78,79% dopo essere tornati agli scambi dopo la sospensione di 17 mesi. Il gruppo di Shenzhen, alle prese con una difficile ristrutturazione, ha annunciato di aver chiuso il primo semestre 2023 con perdite nette per 33 miliardi di yuan (circa 4,5 miliardi di dollari), dimezzando il rosso di 66,4 miliardi registrato nell’analogo periodo di gennaio-giugno 2022 grazie all’aumento delle entrate.

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