Moda e Stile

“Jane Birkin mi ha insegnato a fare il mio lavoro. La prima volta che ci parlai mi disse: ‘So che quando morirò tutti i telegiornali del mondo faranno sentire la canzone di Serge Gainsbourg'”

"Così mi ha dimostrato che alla fin fine, dopo i successi, gli onori, la bellezza e gli incontri mirabolanti, ciò che dà la misura della nostra vita è quanto abbiamo amato". Il ricordo personale di Jennifer Radulovic, storica, divulgatrice e saggista

di Jennifer Radulovic

In memoria di Jane

Era bella di una bellezza terribile. È stato questo il primo pensiero che mi è balenato in mente in una notte di oro e anestesia quando ho visto per la prima volta alcuni dei migliaia di scatti di Jane Birkin, la musa delle muse, l’ossessione angelica e conturbante del cantautore francese Serge Gainsbourg, dandy geniale e raffinatissimo, provocatore per vocazione, uomo alluvionato nell’anima per inesorabile destino e “ultimo poeta maledetto”, secondo le parole di François Mitterand. Oggi, in una torrida domenica di luglio, a 76 anni, se n’è andata anche lei, la donna che era riuscita, senza saperlo, a decriptare il mistero oscuro della genialità. Per farlo, Jane – attrice, cantante, modella, regista e scrittrice – si era prestata a scrutare l’immensità nera del tormento, ma l’aveva fatto con delicatezza impalpabile.

Bella di una bellezza terribile… Com’è la “bellezza terribile”? Me lo sono chiesta tante volte, mi sono chiesta perché fossero proprio queste le parole che avevo udito, chiare e stentoree, nella mia testa. Credo che sia un tipo di bellezza profonda e commovente, che ammalia ed entra dentro. È una bellezza che si dipana da forme e lineamenti apparentemente splendidi, ma poi si incarna in anima e in intelligenza, in umanità e in gioia, per farsi latrice di un significato altro. Anche in dolore, naturalmente, che è il metodo di indagine dell’amore in quanto forma massima di empatia.

Nella mia sala dalle pareti nere, come quelle della casa storica di Gainsbourg, vedo ovunque scatti di lei e Serge. Sono i ninnoli che piacciono ai noi storici, tronfi della vita degli altri che narriamo ai più per dovere e per missione. Io che di mestiere faccio la storica e che, fino a diventare biografa italiana di Gainsbourg, mi occupavo di battaglie, posso affermare senza mezzi termini che è stata Jane Birkin a insegnarmi a fare il mio lavoro. Mentre studiavo l’uomo e il personaggio Gainsbourg dovevo trovarmi in ogni momento a misurare lui attraverso lei e ad apprendere quanto le congiunture della vita siano sempre imprevedibili: la storia, infatti, non è la riflessione del passato per il futuro, ma il tentativo di comprensione della natura umana.

E d’altra parte sono stati proprio gli eventi inattesi a segnare in modo appassionante l’esistenza di Jane Birkin, nata a Londra nel 1946 da una famiglia della buona borghesia, giovane attrice che nel 1968 finisce per caso a Parigi dopo un provino. Sul set un uomo sgradevole e antipatico che scopre essere il suo partner: è Serge Gainsbourg. Ma dietro l’ira dell’uomo deluso si cela una sensibilità segreta ed è così che nasce la couple mitique, la più fotografata del XX secolo. Dodici anni di convivenza, una figlia – Charlotte Gainsbourg – centinaia di canzoni insieme, film e spot. Lei si trasferisce a Parigi, impara il francese e canta in duo con lui la scandalosa Je t’aime… moi non plus, la prima canzone orgasmica della storia della musica con milioni di copie vendute in poche settimane.

Nel 1991 con la morte di lui – nonostante fossero separati da oltre dieci anni – Jane si consacra alla sua memoria, dedicandosi a diffonderne l’eredità immateriale. Immergendomi nella sua vita per raccontare la loro, ho sondato la sua nostalgia senza tregua e ho scoperto in questo modo cosa caratterizza la senilità. Non è la pelle avvizzita, la malattia o l’esperienza, è vedere man mano morire tutte le persone che si sono amate e che hanno segnato la propria esistenza.

Quando ho parlato con Jane Birkin per la prima volta mi ha detto una frase che mi è rimasta impressa. Era il 2017, stava già male di salute e sentiva vicina la fine: “So che quando morirò tutti i telegiornali del mondo faranno sentire la canzone di Serge”, mi disse. E così mi ha dimostrato che alla fin fine, dopo i successi, gli onori, la bellezza e gli incontri mirabolanti, ciò che dà la misura della nostra vita è quanto abbiamo amato. Il lascito di Jane Birkin è un puro atto di amore.

E adesso ascoltate Je t’aime… moi non plus.

Jennifer Radulovic è storica, divulgatrice e saggista. Allieva di Alessandro Barbero, collabora con Rai Cultura e alcune testate. Ha tenuto dei programmi su Radio Popolare, pubblicato cinque libri e vinto due premi letterari. È in Italia la biografa ufficiale di Serge Gainsbourg e organizza narrazioni-spettacolo su tutto il territorio nazionale (oltre 20mila partecipanti in tre anni).

“Jane Birkin mi ha insegnato a fare il mio lavoro. La prima volta che ci parlai mi disse: ‘So che quando morirò tutti i telegiornali del mondo faranno sentire la canzone di Serge Gainsbourg'”
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