Cinema

Cinema Laika, un poeta e il regista Aki Kaurismaki fanno rinascere una sala in Finlandia

di Davide Turrini

“Che cos’è la sala cinematografica?”. Dopo aver visto il documentario Cinema Laika, il celebre interrogativo fondativo di André Bazin (che cos’è il cinema?) va riformulato. Nel 2021 a Karkkila in Finlandia, mentre tutti pensavano alla morte della socialità nell’era pandemica, lo stralunato proletario regista Aki Kaurismaki e l’amico poeta e sceneggiatore Mika Latti hanno preso pala e cazzuola e costruito una sala cinematografica. Capiamoci. Karkkila è una sorta di paesone di 6mila anime, a una quarantina di chilometri a nord ovest di Helsinki, nato cento anni fa proprio attorno alla fabbrica per il ferro e all’afflusso operaio che ne è derivato. E proprio tra le ampie volte del capannone industriale, quasi del tutto dismesso, Aki e Mika hanno fatto risorgere un’araba fenice di poltroncine rosse e schermo bianco su cui proiettare l’antico fascio di luce del cinema.

Mentre i due soci in affari (semicit) si immergevano nell’opera architettonica il regista Veljko Vidak e la sceneggiatrice Emmanuelle Falce hanno deciso di costruirci sopra, e attraverso, un delizioso documentario, mostrato in anteprima italiana alla 37esima edizione del Cinema Ritrovato di Bologna. Intanto il tono. Cinema Laika ripercorre con devozione artistica e una punta di spregiudicatezza formale l’atmosfera, il mood del cinema kaurismakiano. Concretezza materialistica dei gesti (la sala che si costruisce con le mani sporche di calce), spirito poetico dissacrante e tasso alcolico altissimo, gente comune che sembra uscita naturalmente dalle strade perdute di un America anni cinquanta-sessanta. Chopper, cadillac (quante cadillac), chitarre per il rock and roll, e quell’andatura un po’ folle, alticcia, penetrante che ha un primo piano di Kaurismaki stesso da sobrio. Cinema Laika è una narrazione con il susseguirsi di inquadrature a coppie che si riverbera nelle visioni comuni del passato e nel presente dell’immaginario della sala buia: due i registi in auto a scattare polaroid, due le signore a cavallo, due ex comparse dei film di Aki, due che giocano a scacchi, due i tizi in auto che viaggiano nella tundra, due i soci che sbevazzano nel club, due le ragazzine che armeggiano con uno smartphone. Una sorta di tradizionale campo e controcampo qui sintetizzato in un’unica elegante insistente inquadratura con pause, micromovimenti, per acciuffare dettagli preziosi dell’universalità del racconto.

Cinema Laika, infatti, è già di per sé, ancor prima che la sala di Karkkila si realizzi e vada in funzione, un affresco vagamente malinconico e umanamente sincero sulla fede nella visione collettiva dei film in sala, e della sala come ancestrale luogo per la comunità. Il campionario delle bizzarrie kaurismakiane si innesca con grazia e misura sul “testo” del documentario stesso (su tutte la sequenza vista in un film di Kaurismaki della cadillac senza capote sotto la neve che Jim Jarmusch in un cameo newyorchese conferma aver vissuto lui stesso assieme ad Aki, ecc..). Kaurismaki che compare e scompare, fantasma silenzioso e buffo, tra una partita a biliardo, il telone schermo da stendere e le poltroncine da provare, fa infine spazio soprattutto ai lampi eccentrici di un cinema che si ramifica negli occhi e nella memoria dei tanti protagonisti. Le due signore a cavallo scherzano su una lontana visione di Ladri di biciclette con sottotitoli in danese (e parlato in italiano) ricordando che hanno avuto l’istinto di fuggire ma poi la visione di quel film senza capirne i dialoghi “fu bellissima”. Insomma, il cuore del discorso sta qui. In una scintilla magica che l’invenzione del cinema, e della sala stessa, hanno provocato nella figura dello spettatore per tutto il Novecento. Il pub dove suonano il rock si chiama Pikkupassi. Il musicista giapponese che traduce i brani finlandesi nella sua lingua madre è Toshitake Shinohara, le cadillac sono autentiche e girano per davvero tra le strade di Karkkila. Laika invece è il nome che Kaurismaki ha dato alle sue amate cagnoline che non ci sono più ma che apparvero in Vita da boheme e Miracolo a Le Havre. E a dirla tutta, un accenno a Peter Von Bagh, che del progetto sala fu folle artefice ci poteva pure stare. P.S. abbiamo sbirciato la programmazione del Laika fino al 6 luglio, dopo chiude per ferie e riapre a settembre con la proiezione del nuovo Kaurismaki: tutta la trafila dei blockbuster di Hollywood e giusto un Luci della città di Chaplin. Speriamo

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