A differenza della Fed, che mercoledì si è presa una pausa nel percorso di politica monetaria restrittiva inaugurato 15 mesi fa, la Banca centrale europea come da attese ha deciso di alzare ancora i tassi d’interesse. L’ottava stretta è di un quarto di punto percentuale e porta il tasso base sui depositi al 3,50% – il massimo da 22 anni – , quello sui rifinanziamenti principali al 4% e quello sui prestiti marginali al 4,25%. L’obiettivo, come sempre, è fermare la corsa dei prezzi. “L’inflazione è in calo – si legge nel comunicato del consiglio che spiega la scelta – ma si prevede che rimarrà troppo alta per troppo tempo” e per questo il board è “determinato a garantire che ritorni tempestivamente al suo obiettivo a medio termine del 2%”. E non è finita qui: “È molto probabile che continueremo con i rialzi dei tassi a luglio: non siamo ancora arrivati a destinazione, abbiamo ancora strada da fare”, ha detto la presidente Christine Lagarde in conferenza stampa, parlando di “consenso molto ampio” nel consiglio direttivo sulla scelta di oggi. “Non pensiamo a una pausa”.

Le decisioni future del consiglio direttivo – ribadisce ancora il comunicato – assicureranno che i tassi siano “portati a livelli sufficientemente restrittivi per assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione al target del 2% e che resteranno su quel livello finché sarà necessario”. In base alle proiezioni macroeconomiche di giugno, gli esperti dell’Eurosistema hanno rivisto al rialzo l’inflazione attesa nei prossimi anni: ora si aspettano che si attesti in media al 5,4% nel 2023, al 3% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. Ancora troppo, anche alla fine dell’orizzonte di previsione: nel luglio 2022 la Bce si aspettava che nel 2025 il tasso si sarebbe fermato al 2,1%. Invece che calare, almeno nelle stime, è aumentato.

Ma che cosa c’è dietro? Non la famigerata “spirale prezzi-salari“, che “non vediamo”, ha detto Lagarde, anche se “la persistenza dell’inflazione di fondo è legata al costo per unità di lavoro”. Come è noto, la stessa Bce ha riconosciuto che l’inflazione dipende – anche se non soprattutto – dalle aziende che hanno ritoccato i listini più di quanto siano saliti i loro costi approfittando della situazione.

La stretta iniziata nell’estate 2022 andrà avanti come da programmi anche nell’uso degli strumenti di politica monetaria non convenzionali: da luglio la Bce interromperà i reinvestimenti nell’ambito del Quantitative easing. Il portafoglio dei titoli di Stato si sta già riducendo perché l’Eurosistema reinveste solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza. Il ritmo della riduzione sarà in media di 15 miliardi di euro al mese sino alla fine di giugno. Per quanto riguarda il Pandemic emergency purchase programme, il direttivo intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza almeno sino alla fine del 2024.

Ovviamente la mossa avrà un ulteriore, forte impatto sui tassi dei mutui che saranno concessi nei prossimi mesi e su quelli a tasso variabile già in corso. Secondo MutuiOnline.it, rispetto a gennaio 2022 la rata di un mutuo variabile da 160mila euro a 20 anni è già aumentata del 40,3% (da 694 euro a 974) e con questo ulteriore rialzo arriverà a 995, ben 300 euro in più rispetto a un anno e mezzo fa (+43%). Per un mutuo a 30 anni l’impatto è ancora maggiore: da gennaio 2022 è cresciuta del 66,8% (da 472 a 787 euro), e con questo aumento potrebbe superare gli 800 euro, con un incremento di 339 euro rispetto a un anno e mezzo fa (+72%). Secondo le ultime rilevazioni di Bankitalia, ad aprile il tasso annuale effettivo globale (il cosiddetto Taeg) è salito al 4,52% contro il 4,36% di marzo. Quello sulle nuove erogazioni di credito al consumo è arrivato al 10,3% e i tassi di interesse sui nuovi prestiti alle imprese si sono collocati anche in questo caso al 4,52%, contro il 4,30% di marzo.

Il vicepremier Matteo Salvini già prima dell’annuncio del nuovo rialzo aveva attaccato l’Eurotower dicendo che “ha una responsabilità enorme continuando ad aumentare i tassi. Si rende conto che con la sua politica magari riduce dello zero virgola l’inflazione, però sta danneggiando famiglie e imprese. Mi piacerebbe che la politica economica e infrastrutturale non seguisse solo algoritmi”. Critiche sono arrivati anche dagli industriali riuniti in Confimi Industria: per il presidente Paolo Agnelli “la stretta monetaria è fuori controllo, ai costi energetici appena rientrati ora le aziende devono sostituire il vertiginoso costo del denaro” e “saranno presto fuori mercato”. Quanto all’efficacia delle decisioni della Bce, “con questi costi sarà impossibile per le imprese ridurre i listini e quindi non si avrà nessun calo dell’inflazione” dice Agnelli. La Cna si dice a sua volta “pesantemente preoccupata” anche perché “diversi Paesi europei sono finiti in recessione e di certo la stretta monetaria non li aiuterà a uscirne, anzi ne condurrà altri alla crescita negativa”.

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