“Fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali e salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento“. È con questi obiettivi, scrive La Stampa, che il nuovo governo si appresta a mettere una stretta sugli affitti brevi legati soprattutto ad Airbnb. Nell’ultima bozza del disegno di legge sul tavolo della ministra del Turismo, Daniela Santanchè, è infatti previsto un limite di almeno due notti di pernottamento per poter usufruire delle alternative agli hotel, dopo che all’assemblea di Federalberghi di metà maggio la ministra aveva annunciato un intervento proprio per l’inizio di giugno. Un provvedimento che, però, potrebbe avere un impatto minimo sul settore e che non soddisfa le richieste di interventi ben più decisi avanzate dai sindaci delle grandi città turistiche italiane.

Il governo ha anche individuato le metodologie attraverso le quali salvaguardare il rispetto delle nuove norme, se e quando verranno approvate. Il ministero assegnerà dietro richiesta un codice identificativo nazionale (Cin) “ad ogni immobile ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche” e “a pena di nullità la durata minima del contratto di locazione per finalità turistiche non può essere inferiore a due notti”, a meno che gli affittuari non siano un “nucleo familiare numeroso composto da almeno un genitore e tre figli” che, quindi, potrebbe avere difficoltà sia logistiche che economiche nel trovare una sistemazione in albergo.

Un provvedimento che mira a soddisfare Federalberghi e che prevede sanzioni fino a 5mila euro per chi non possiede il codice identificativo nazionale per ogni appartamento, con l’obbligo di esposizione del Cin sui portali e all’ingresso della casa. Limiti anche per chi affitta più di quattro appartamenti che, dall’entrata in vigore della legge, sarà considerato alla stregua di un imprenditore nel campo ricettivo: il proprietario dovrà infatti presentare una comunicazione di inizio attività, con una nuova categoria economica assegnata specificamente alle locazioni turistiche.

Il disegno di legge risponde in parte alle richieste degli imprenditori del settore alberghiero, dall’altra però non soddisfa quelle dei sindaci delle grandi città turistiche italiane, capeggiati dal primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, che chiedono di mettere un tetto agli affitti brevi a 120 giorni l’anno per porre rimedio anche all’emergenza abitativa. Un modo, nei piani dei sindaci, per aumentare la disponibilità di case per chi è in cerca di un’abitazione in città e limitare anche l’impennata degli affitti.

Anche dal mondo dei property manager si levano critiche. Prima di tutto, la limitazione delle due notti di pernottamento minimo si limita ai 14 comuni metropolitani (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bari, Palermo, Catania, Bologna, Firenze, Venezia, Genova, Messina, Reggio Calabria, Cagliari) e a poco più di altri 950 comuni ad alta densità turistica “nei quali chi vorrà pernottare una notte dovrà andare in hotel, ammesso che ne trovi uno”, osserva Marco Celani, presidente di Aigab. Che poi spiega: “Saranno esentati da questa limitazione i comuni con meno di 5.000 abitanti a bassa densità turistica. Curiosamente sarebbero esentate da questa restrizione le famiglie numerose, identificate come quelle con almeno un genitore e 3 figli, che invece potranno sempre dormire una notte nelle case promosse online”. Anche perché i soggiorni di una notte pesano per il 5% circa del valore delle prenotazioni nel mondo affitti brevi.

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