Correva l’anno 2021 quando Roberto Cingolani, allora ministro della Transizione ecologica, pronunciò la seguente frase: “Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti, ideologici: loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati, se non facciamo qualcosa di sensato.” Passano appunto due anni e un altro ministro, questa volta dell’Ambiente, tale Gilberto Pichetto Fratin, ribadisce: “C’è probabilmente un pezzo di cultura, anche ambientalista, rappresentata da quelli che in alcuni casi vivono nei loft, magari al ventesimo piano di un grattacielo. Per loro è più facile dire no che sì alle opere, ma credo che questa comodità di non impegnarsi era di tutti”.

È tutta la vita che mi batto in difesa dell’ambiente. E ho operato per più di trent’anni con gradi di responsabilità all’interno della prima in ordine di tempo associazione ambientalista italiana, quindi ritengo di avere le conoscenze e le competenze per entrare nel merito di ciò che questi due signori affermano, e cioè che i danni che l’Italia ricorrentemente subisce a seguito di eventi più o meno estremi, ma non straordinari (purtroppo), sarebbero figli della cultura del “no” che caratterizzerebbe il movimento ambientalista. Trent’anni ho passato nelle file del movimento a prendere solenni bastonate, a non vincere una battaglia che fosse una, tant’è che volevo dare alle stampe un saggio che le riassumeva, dal titolo Le nostre sconfitte.

È vero, l’ambientalismo ha quasi sempre detto “no”, ma sapete perché? Perché, come argutamente rispose un mio amico a un amministratore torinese: “Perché voi che governate fate sempre le stesse cose.” Ma questa della cultura del no che prevarrebbe su quella propositiva è anche una mezza bugia. Il disegno di legge che dal 2019 (prima firmataria la senatrice Nugnes, che poi venne cacciata dal M5S) che prevedeva l’arresto del consumo di suolo era frutto dell’impegno del coordinamento ambientalista nazionale Salviamo il Paesaggio e andava appunto incontro alla richiesta europea di azzeramento entro il 2050. Il disegno di legge è lì, giace in Parlamento, non è mai diventato legge. Cingolani e Pichetto Fratin si domandino perché.

Poi, certo, il movimento ambientalista si è opposto più volte alle opere scellerate che i governi a livello centrale e locale hanno portato avanti e spesso finanziato con i nostri soldi: per tutte l’alta velocità ferroviaria dalla Torino-Lione in poi, per giungere a quella Salerno-Reggio Calabria che, se realizzata, massacrerà una regione non certo bisognosa di altro dissesto come la Calabria. E poi è vero, il movimento ambientalista si è schierato contro tagli di alberi lungo le sponde dei fiumi, si è schierato contro la loro cementificazione, si è schierato contro il restringimento degli alvei, ma anche proponendo che i corsi d’acqua potessero scorrere liberi, e non venissero tombati, rettificati, ristretti per venire incontro alle esigenze dell’espansione urbanistica e dell’agricoltura intensiva.

L’Italia ha il 7,13% di copertura artificiale del suolo contro il 4,2% degli altri paesi europei. Il consumo di suolo avanza a 2mq al secondo e l’Emilia Romagna, balzata in questi giorni alle cronache, è la terza regione italiana come consumo di suolo fertile: tra il 2020 e il 2021 l’edilizia ha divorato 658 ettari, pari a mille campi da calcio. Ed era già una landa desolata prima. Hanno governato in questi anni in Italia gli ambientalisti del no o i governanti del sì a tutto ciò che distrugge natura, territorio e paesaggio? Eh, no, cari Cingolani e Pichetto Fratin, è comodo ma anche – lasciatemelo dire – surreale il vostro benaltrismo. “L’Italia assassinata dai giornali e dal cemento” è solo ed esclusivamente opera vostra e sapete cosa vi dico? Almeno gli ambientalisti possono dormire sonni tranquilli, hanno la coscienza a posto, non come i governanti, che hanno sulla coscienza l’ecocidio e la morte delle persone.

Un’ultima annotazione: negli anni di militanza ambientalista non ho mai avuto compagni di strada chic, né che vivessero in loft al ventesimo piano di un grattacielo. È più facile che un amministratore si possa permettere un loft, con quello che guadagna: anteponendo gli interessi privati al bene comune.

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