Mi ha colpito come psicoanalista lo scalpore suscitato dalla vignetta satirica comparsa su Il Fatto Quotidiano. Emerge la constatazione che in questo modo anche chi non l’aveva vista o vi aveva dato poca importanza, confusa tra le miriadi di informazioni che ogni giorno arrivano, ha dovuto rifletterci. La vignetta ha inoltre suscitato accuse acerrime che vanno dall’essere razzista, misogina, brutta, vergognosa. Tutte queste reazioni mi fanno ritenere che la satira abbia toccato un elemento che definirei “inconscio o parzialmente cosciente” che attraversa la struttura psicologica profonda della società.

Il primo elemento che mi viene in mente è il timore di allevare figli non propri. Ricerche sull’argomento ci forniscono dati molto divergenti che vanno da un minimo dello 0,8% a un dato addirittura del 30% di bambini allevati da un padre che li riteneva legittimi ma che, a sua insaputa, avevano un patrimonio genetico diverso. L’infedeltà della propria donna è un tabù sociale estremamente rilevante.

Una seconda riflessione riguarda una sorta di “invidia” che possiamo provare per gli immigrati, che arrivano sulle nostre coste. Sono portatori di desideri e di una voglia di vivere che noi, civilizzati, sembriamo avere perso. Una parte considerevole delle nuove generazioni del nostro opulento Occidente, coccolate e viziate, stanno tutto il giorno compulsivamente sul cellulare, non fanno figli, sono tristi e sfiduciate, alla rincorsa di voglie effimere da soddisfare. Le persone che arrivano in Italia hanno desideri da realizzare, sono disposti a sfidare il destino e la morte per una vita migliore e nei loro paesi di origine procreano anche in eccesso. Insomma hanno una voglia di vivere che le nostre nuove generazioni paiono, almeno in parte, avere perso.

Una terza riflessione riguarda l’elemento sessuale. La destra storica ha sempre fatto del “machismo” e della potenza sessuale una bandiera. Anche se ricerche ci dicono che grandi leader che hanno fatto la storia (nel bene o nel male) erano affetti da perversioni sessuali, l’immagine del capo superdotato e procreatore fa parte dell’inconscio collettivo. Nello stesso immaginario, il nero è superdotato, forse perché appare più a contatto con la natura e con le spinte profonde più primitive, se confrontato al bianco, infiacchito sotto il peso delle regole sociali.

La paura del diverso, di colui che ci ruba le donne (ricordiamo il ratto delle Sabine), facendoci allevare i suoi figli, che ha più spinta vitale è molto forte e attraversa la società. Non sono in grado di fare un sondaggio (tra l’altro su questi argomenti prevarrebbero le menzogne) ma ho la sensazione che mentre il pensiero politicamente corretto afferma che il termine “sostituzione etnica” sia una baggianata, una grande parte della popolazione coltivi inconsciamente questo timore.

Il timore di essere “dimenticati dalla storia”. La nostra civiltà infiacchita pare cedere di fronte ai nuovi barbari e ciò va di pari passo con la paura del singolo che non vede futuro per la propria famiglia e avverte il timore che altri gruppi sociali prenderanno il suo posto.
Le spinte a mantenere la propria identità, fatta di lingua, religione, tradizioni, immaginario collettivo e ideologie ancestrali sono fortissime e portano i popoli alla distruttività. Anche le guerre europee nell’ex Iugoslavia e l’attuale nel Donbass trovano il loro innesco nella presenza di due popoli diversi nello stesso territorio. Naturalmente le superpotenze si sono successivamente appropriate dell’attività bellica per loro fini, ma dobbiamo ricordare quale fu l’elemento iniziale.

Quindi ben venga la vignetta (anche se inizialmente non mi aveva colpito perché la ritenevo banale e scontata) se riesce a farci riflettere sugli istinti profondi che albergano in noi e che dobbiamo tenere sotto controllo.

Articolo Precedente

Annita “Yvonne” Girardello, compie 100 anni la prima assistente di volo: dagli aerei alla poesia e all’impegno ecologista per Venezia

next
Articolo Successivo

25 aprile, perché essere ostili a Resistenza e Liberazione? Sei punti per chiarire la questione

next