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Emanuela Orlandi, il procuratore Capaldo ad Atlantide: “I due emissari del Vaticano venuti da me sapevano che non era più viva”. E ricostruisce l’incontro

“Io ebbi la sensazione che i due emissari del Vaticano che vennero da me sapessero che Emanuela non era più viva”: così il procuratore Giancarlo Capaldo, ospite dell’ultima puntata di Atlantide condotta dal giornalista Andrea Purgatori, mercoledì scorso. Il magistrato fu l’ultimo a occuparsi di Emanuela prima che l’inchiesta venisse archiviata dall’attuale presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone quando fu nominato a capo della Procura di Roma. Intanto, l’attuale Procuratore Capo di Roma Francesco Lo Voi ha appena dichiarato che “non è da escludere che sarà coinvolta di nuovo la Procura di Roma sul caso Orlandi”.

Capaldo ha raccontato di quando incontrò il capo e il vicecapo della gendarmeria Domenico Giani e Costanzo Alessandrini che gli chiesero la collaborazione della magistratura per aprire la tomba del boss Enrico Pedis, sepolto nella cripta di Sant’Apollinare, la Chiesa da dove scomparve Emanuela, e dissipare eventuali dubbi dell’opinione pubblica sul Vaticano, togliendo la Santa Sede dall’imbarazzo di aver fatto tumulare un criminale in una Basilica.

“Qualcuno avanzò anche l’ipotesi che ci fosse il corpo di Emanuela lì dentro – ha detto Capaldo – e per questo risposi ai due personaggi in questione che non ne capivo il motivo visto che Emanuela era scomparsa nel 1983 e il boss era stato ucciso nel ’90. Gli feci notare che negli anni precedenti non avevano fornito nessuna collaborazione. Gli chiesi collaborazione nel mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria notizie su Emanuela che ritenevo il Vaticano potesse avere. Per me era impossibile che in 30 anni non si fossero mai occupati di una ragazza, cittadina vaticana, per cui il Papa aveva fatto otto appelli. Mi dissero che avrebbero chiesto a chi di dovere, presumo al segretario di Stato per poter avere un’autorizzazione a collaborare con noi. Gli feci l’esempio dei desaparecidos sudamericani, poi ritrovati cadaveri. Le loro madri avevano ritrovato un po’ di pace insieme ai resti dei loro figli, sebbene torturati e uccisi. Capirono il mio discorso. Poi tornarono, risposero che avevano avuto il via libera per contribuire alla ricostruzione del caso. Qualcuno li aveva autorizzati, mi dissero. I due emissari vennero in Procura, accettarono di collaborare se noi l’avessimo tolti dall’imbarazzo di sgomberare la tomba di De Pedis, in cambio di informazioni su Emanuela o sui suoi resti. Io dedussi che loro sapessero che Emanuela non fosse più viva. Non chiedevo loro di sapere tutto quanto fosse accaduto ma ero convinto che il Vaticano era a conoscenza di molte cose importanti”.

Capaldo ha anche smentito quanto scritto da Padre Georg, braccio destro di Papa Ratzinger, nel suo recente libro.

“Georg ha scritto che il Vaticano mi ha offerto aiuto per aprire la tomba ma Sant’Apollinare è su territorio italiano, offrivano un aiuto non necessario né richiesto. Non ne avevamo bisogno”. Un’altra pista, su cui si è tornati ad Atlantide, porta a Londra dove Emanuela sarebbe sopravvissuta per 14 anni in un convento inglese. Secondo anche quanto disse Sabrina Minardi, Emanuela fu riconsegnata dalla Banda della Magliana al Vaticano quella stessa estate del 1983 e fu lei a farlo a bordo di una Bmw (collegata anche al caso Calvi) ritrovata più di un decennio dopo nel parcheggio di Villa Borghese.

Ancora prima che Capaldo si occupasse di Emanuela, Purgatori ricorda di quando la Santa Sede chiese allo Stato di fare un passo indietro perché aveva aperto una linea diretta con i presunti rapitori e c’è un audio – mandato in onda anni fa da “Chi l’ha visto” – che testimonia questa trattativa con il segretario di Stato Agostino Casaroli. L’audio si interrompe non appena Casaroli risponde, il codice per mettersi in contatto con lui è 158. Chi l’ha recapitato all’epoca alla trasmissione Rai dovrebbe essere in possesso anche del seguito della conversazione. Purgatori ha aggiunto in merito: “Mi ha contattato un’ex dipendente della sala stampa del Vaticano, prima di Natale, e mi ha raccontato di aver ricevuto in quei giorni una telefonata in cui ci si identificava con lo stesso codice. Le dissero che Casaroli avrebbe dovuto prendere iniziativa o ci sarebbero state conseguenze per Emanuela. Il Capo della Sala Stampa Romeo Panciroli le chiese di trascrivergli il testo della telefonata, poi lei tornò a casa e quella stessa notte Panciroli le telefonò per dirle di dimenticarsi di aver ricevuto quella telefonata e anche il suo contenuto”.

In studio, Capaldo ha aggiunto: “Questa telefonata afferma con forza la scarsa anzi nulla collaborazione da parte del Vaticano nel cercare di capire cosa fosse accaduto a Emanuela Orlandi. Se questa trattiva fosse vera o no non lo sappiamo, perché il Vaticano non ha collaborato né con la Polizia né con la magistratura italiana. Il Papa fece otto appelli per Emanuela, anche questo ha un significato importante”.

Capaldo ha poi affrontato la questione della sepoltura del capo della Magliana, Enrico De Pedis, nella Basilica di Sant’Apollinare, grazie al cardinale Ugo Poletti che firmò una dispensa speciale per la sua tumulazione, in cui esaltò la sua generosità. De Pedis fu seppellito nella cripta dagli stessi artigiani dei papi.

Chi era Poletti? Secondo il vaticanista Marco Ansaldo era uno dei cardinali più importanti a quei tempi. Fu considerato papabile, è stato a capo della Conferenza episcopale italiana, consigliò Paolo VI sul caso Moro, celebrò insieme a lui i funerali dello statista ucciso dalle Br.

Secondo don Pietro Vergari, all’epoca reggente la Basilica, il noto criminale era stato “un grande benefattore dei poveri e aveva dato particolari contributi ai giovani”, come scrisse in una lettera del 6 maggio del 1990.

Se n’è discusso in studio con il giornalista, direttore del Domani, Emiliano Fittipaldi che nel suo libro “Gli Impostori” ha pubblicato un documento di cinque pagine su Emanuela di cui era entrato in possesso. In quelle pagine c’è un elenco delle spese sostenute dal Vaticano per mantenere in vita Emanuela in un convento di Londra per 14 anni, dopo la sua scomparsa.

“Ho la certezza che quel documento fosse nella cassetta di sicurezza degli Affari Economici del Vaticano – ha dichiarato Fittipaldi –, era importante già per il luogo in cui era custodito che era come una cassaforte. Se fosse falso, sarebbe ben fatto. In genere i falsi raccontano una storia molto precisa, portano a una verità chiara, a dei responsabili invece questo è un documento economico, firmato nel ’97 dal capo dell’Apsa (ente che gestisce gli immobili del Vaticano) Lorenzo Antonetti. C’è dentro una sintesi di tutte le fatture, 197 pagine che io non ho, di tutte le spese sostenute per Emanuela”. Un’operazione contabile consegnata alla Segreteria di Stato, al Cardinale Giovan Battista Re e a monsignor Jean Luis Turan, ora deceduto. Tauran era colui che presentò Francesco a tutto il mondo quando fu eletto.

In quelle cinque pagine di ipotizza che il Vaticano abbia riottenuto la ragazza, dopo che la trattativa con la Magliana andò in porto. “Diddi in un’intervista di pochi giorni fa ha detto che la banda è stata sovradimensionata ma come fa a saperlo se l’inchiesta non è ancora iniziata?”, ha aggiunto Fittipaldi.

Nelle dichiarazioni alla Procura il boss Crispino, il “freddo” (nella serie Romanzo Criminale), disse di aver saputo che e i suoi ex compagni avevano rapito Emanuela perché il Vaticano restituisse i soldi della mafia siciliana e della ‘ndragheta prestati allo Ior, la banca del Vaticano. La ragazza secondo il documento è stata espatriata a Londra, ci sono indirizzi su quei fogli. Uno di questi porta a un luogo dove ancora oggi c’è un ostello religioso per ragazze dei Padri scalabriniani. In questo ostello ci sono anche dei mini-appartamenti con ragazze isolate. Nel fascicolo diffuso da Fittipaldi si parla di costi per il depistaggio, di una visita ginecologica da una dottoressa molto famosa. La voce finale, tristissima, recita: disguido pratiche finali e trasferimento.

“Delle fonti vaticane mi fecero intendere – ha aggiunto Fittipaldi – che Emanuela era a Roma e di una possibile sepoltura nel cimitero teutonico”.

Dopo la pubblicazione del libro di Fittipaldi a Pietro Orlandi è arrivata lettera firmata da una persona interna al Vaticano che indicava il cimitero come luogo di sepoltura di sua sorella, “lì dove guarda l’angelo” e per cui sono state aperte le tombe nel luglio del 2019, in cui sono stati ritrovati delle stanze in cemento armato totalmente vuote. Potrebbero, ma è solo un’ipotesi, essere quelle le stanze in cui sarebbe avvenuto il passaggio di Emanuela di cui si parla nelle conversazioni su whatsapp tra persone vicine al Papa diffuse lo scorso gennaio da Fq.

Pietro Orlandi sa anche di un’altra lettera, inviata dall’arcivescovo di Canterbury al Cardinal Poletti del ’93. C’è scritto: “Ho saputo che lei sta a Londra vorrei invitarla a parlare personalmente della questione di Emanuela Orlandi”.

Quindi c’è un altro documento che racconta di un passaggio di Emanuela a Londra dove la ragazza potrebbe essere stata esiliata dopo la sua scomparsa.

“Io credo nella pista di Londra, persone interne al Vaticane mi hanno detto: tu non ti rendi conto di cosa può significare la collaborazione di uno Stato Estero”.

Che Emanuela abbia vissuto nascosta per 14 anni a Londra senza avere la possibilità di contattare la famiglia sembra davvero assurdo ma non è impossibile, come ci testimoniano anche altre vicende passate.

Puntata complessa ma fondamentale per mettere insieme i pezzi su Emanuela Orlandi. Tra gli ospiti c’era in collegamento anche il giornalista Alessandro Ambrosini che sul suo blog Notte Criminale ha pubblicato di recente un’audio con le intercettazioni di un ex boss della Magliana, Marcello Neroni in cui quest’ultimo rivolge pesanti accuse a Wojtyla.

“Eravamo in una villetta alla periferia di Roma – ha ricordato Ambrosini – per fare una piccola intervista a Marcello Neroni. Volevamo un quadro di Roma durante il periodo della Magliana. Non cercavamo lui ma qualcuno della banda che non fosse stato già sentito più volte. Fu una chiacchierata informale, ci fecero posare i telefoni all’ingresso ma io avevo un secondo telefono nascosto per registrare. Sono venute fuori tre ore su vari argomenti, tutti pesanti e poi il discorso si è spostato su Emanuela Orlandi. Quest’audio è importante sia per il protagonista che non è un personaggio a caso, non minore ma laterale. Aveva un rapporto molto stretto con De Pedis. Neroni è il nodo tra il mondo di sotto e il mondo di mezzo. Noi non avevamo chiesto nulla in particolare, è stato lui a scegliere i temi senza che noi gli facessimo nessuna domanda”.

“Ho incontrato molti criminali ma non ho mai intervistato nessuno prima perché so che quando parlano lanciano dei messaggi. Ma lui aveva sempre negato interviste sulla Magliana e sul mondo dei testaccini mentre con noi si è aperto. Neroni non pensava di parlare con dei giornalisti, pensava che fossimo stati mandati forse da un magistrato o dai Servizi, non aveva capito chi fossimo. Ha raccontato fatti troppo specifici, quando l’ho capito ho dato più valore a ciò che ha detto e ho trovato dei riscontri. Non ha detto cose a caso, è stato specifico. Lui voleva far capire che sapeva delle cose su determinati argomenti, e che conosceva persone molto in alto: il messaggio era di non rompergli le scatole”, ha concluso Ambrosini.

L’audio è stato ascoltato dal promotore di giustizia del Vaticano Alessandro Diddi che proverà – ha detto a Pietro Orlandi – a convocare Neroni per ascoltarlo.

“Io l’ho cercato e credo che sia ancora in Italia perché ha degli interessi qui in Italia, non puliti. Me l’ha detto chiaro e tondo, non credo sia andato all’Estero”, ha sottolineato Ambrosini.

Sulle uscite serali di Papa Giovanni Paolo II, tirate in ballo di recente, il giornalista e conduttore di Atlantide Andrea Purgatori ha mostrato un suo vecchio articolo, datato 15 maggio del 1981, quando era un giovane cronista del Corriere della Sera. Purgatori fu tra i primi a occuparsi del caso prima che l’inchiesta gli fosse tolta: “Quando ho ascoltato l’audio di Neroni che faceva riferimento a delle strane uscite di Giovanni Paolo II, mi è venuto in mente mi che fu chiesto di scrivere un pezzo per il Corriere due giorni dopo l’attentato. Il titolo era ‘Wojtyla esce anche solo e senza avvisare nessuno’. Addirittura si racconta che una notte cercavano il Papa nel suo appartamento e non lo trovarono, era sua abitudine uscire autonomamente senza scorta. Lo dico soltanto per dovere di cronaca, da aggiungere alle cose utili per comprendere”.