Il mistero di Emanuela Orlandi continua a infittirsi. Mentre il Vaticano ha deciso di riaprire l’inchiesta sulla 15enne scomparsa il 22 giugno 1983, il fratello della ragazza, Pietro Orlandi, ospite a DiMartedì, ha rivelato che “anni fa ci fu una trattativa tra Vaticano e Procura di Roma per la restituzione del corpo di mia sorella”. L’uomo ha raccontato che l’allora procuratore aggiunto e titolare delle indagini, Giancarlo Capaldo, incontrò il comandante della Gendarmeria Vaticana dell’epoca, Domenico Giani, il quale gli avrebbe proposto “uno scambio”: la restituzione della salma di Emanuela per ottenere “un aiuto” dalla Procura a togliere i resti del boss della Magliana, Enrico De Pedis, dalla Basilica di Sant’Apollinare, liberando così la Chiesa da una fonte di “grande imbarazzo”. Giani, dal 2006 al 2019 comandante della Gendarmeria Vaticana e attualmente presidente della Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia, ha sempre smentito questa ricostruzione.

Parole in totale sintonia con quelle dell’ex procuratore di Roma e attuale presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone, che ha affermato di non aver “mai saputo nulla delle asserite interlocuzioni del dr. Capaldo con ‘emissari’ del Vaticano”, aggiungendo che lo stesso Capaldo, gerarchicamente a lui subordinato, “avrebbe dovuto” informarlo, tanto più che egli stesso gli aveva chiesto di essere tenuto “dettagliatamente” al corrente delle novità. “Io – ha precisato Pignatone – non ho mai ostacolato in alcun modo nessuna attività di indagine disposta dal dr. Capaldo o dalle altre colleghe. Non ho mai avocato il procedimento relativo alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Dopo il mio arrivo da procuratore a Roma, il dr. Capaldo ha continuato per oltre tre anni a dirigere le indagini sulla scomparsa della Orlandi, sentendo personalmente testimoni e indagati, disponendo intercettazioni e attività di polizia giudiziaria e nominando consulenti”.

Pignatone ha aggiunto che Capaldo “ha anche disposto e coordinato, intervenendo sul posto, le attività per la rimozione della salma di Enrico De Pedis dalla tomba nella Basilica di Sant’Apollinare e i successivi scavi nella cripta che hanno portato al rinvenimento di alcuni scheletri e di numerosissimi frammenti ossei non riconducibili però alla Orlandi”. Il presidente del Tribunale Vaticano, inoltre, ha spiegato che “la richiesta di archiviazione è stata decisa a maggioranza, al momento della scadenza dei termini delle indagini, tra i colleghi titolari del procedimento. Io ho condiviso e ‘vistato’, quale capo dell’Ufficio, tale richiesta, mentre il dr. Capaldo, che non era d’accordo, ha rifiutato – come era suo diritto – di firmarla e ha quindi chiesto il 27 aprile 2015 che, secondo quanto previsto dalle circolari del Csm in materia, gli venisse revocata l’assegnazione del procedimento. La richiesta di archiviazione, presentata il 5 maggio 2015, è stata accolta dal gip, dopo che i familiari della Orlandi avevano presentato opposizione, il 19 ottobre dello stesso anno e confermata definitivamente dalla Cassazione il 6 maggio 2016”.

Il Corriere della Sera ha ricostruito lo scontro tra Pignatone e Capaldo, risalente al 2 aprile 2012 quando l’Ansa titolò: “Orlandi: pm Roma, verità su ragazza in Vaticano”. L’agenzia di informazione scrisse che “la verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi sarebbe a conoscenza di personalità del Vaticano”. L’affermazione venne attribuita a generiche fonti “inquirenti”, ma successivamente fu lo stesso Capaldo, ormai in pensione, a confermare di aver avuto un incontro con due alte personalità vaticane. L’Ansa, inoltre, scrisse che “per gli inquirenti è certo che nella vicenda ebbero un ruolo alcuni esponenti della banda della Magliana, forse già nel rapimento della ragazza, il 22 giugno 1983, ma più probabilmente nella gestione successiva”. Lo scontro tra Pignatone e Capaldo raggiunse l’apice e il giorno successivo l’Ansa scrisse: “Orlandi: indagine sarà coordinata da procuratore capo Roma”. E ancora: “Pignatone, indiscrezioni ieri non esprimono posizione ufficio”. “Le dichiarazioni e le valutazioni sul procedimento per la scomparsa della Orlandi attribuite da alcuni organi di informazione ad anonimi inquirenti della Procura di Roma non esprimono la posizione dell’ufficio”. Il 13 maggio successivo la salma di De Pedis fu spostata dalla Basilica di Sant’Apollinare al Cimitero di Prima Porta, per poi essere cremata per volere della moglie, Carla Di Giovanni.

Recentemente, sul caso Orlandi è intervenuto anche l’ex segretario di Benedetto XVI, l’arcivescovo Georg Gänswein, che nel suo libro di memorie pubblicato subito dopo la morte di Ratzinger scrive: “Mi fu anche garantito che, nel corso degli anni, era stato fatto quanto possibile per aiutare la famiglia Orlandi e di tutte queste informazioni feci la dovuta comunicazione a Papa Benedetto. Pure il comandante Giani consultò la documentazione dell’epoca e concluse che non c’era stata alcuna notizia tenuta nascosta alla magistratura italiana e che nel frattempo non erano maturate ulteriori ipotesi riguardo alle quali poter approfondire le indagini in Vaticano. Le diverse e contrastanti piste – dalla connessione con l’attentato a Giovanni Paolo II al tentativo di avviare uno scambio con Ali Agca, dagli scontri fra servizi segreti dell’Est e dell’Ovest alle vicende criminali della banda della Magliana, dalle questioni connesse allo Ior del tempo di Marcinkus ai presunti finanziamenti al movimento polacco Solidarnosc – hanno avuto ciascuna indizi a favore e contro, senza che fossero mai raggiunte definitive prove. E un dubbio aleggia ancora: se la sollecita e partecipata preoccupazione di Papa Wojtyla, che lanciò un pubblico appello sin dall’Angelus del 3 luglio 1983, abbia avuto come indesiderato corollario gli sporchi maneggi di criminali privi di scrupoli, che si sono insinuati in questa tragedia dove l’innocente vittima è stata una cittadina vaticana di appena 15 anni (senza dimenticare la coetanea Mirella Gregori, anche lei scomparsa nel nulla in quei mesi)”.

Il presule, inoltre, precisa: “Io non ho mai compilato alcunché in relazione al caso Orlandi, per cui questo fantomatico dossier non è stato reso noto unicamente perché non esiste”. “Ugualmente infondata – prosegue l’ex segretario di Ratzinger – fu la polemica innescata nel dicembre del 2021 dalle dichiarazioni dell’ex magistrato Giancarlo Capaldo su un paio di incontri che aveva avuto a gennaio del 2012, nell’ufficio di piazzale Clodio, con Domenico Giani e il suo vice Costanzo Alessandrini. I vertici della Gendarmeria si erano recati da lui per affrontare la problematica relativa alla tomba di Renatino De Pedis, esponente della banda della Magliana, nella cripta della Basilica romana di Sant’Apollinare. Nei mesi precedenti era stato ipotizzato che vi fosse seppellita anche Emanuela Orlandi, cosicché si era voluta manifestare la disponibilità della Santa Sede per l’apertura della bara e la verifica del contenuto, in modo da sgombrare il campo da qualsiasi sospetto. L’offerta di collaborazione, concordata con il cardinale Bertone e della quale anch’io ero stato messo al corrente, venne però evidentemente fraintesa, tant’è che l’ex magistrato ha impropriamente rievocato che ‘in quella occasione, chiesi la possibilità del rinvenimento del corpo di Emanuela Orlandi o almeno di sapere, di conoscere la sua fine. Si mostrarono disponibili e mi dissero: ‘Le faremo sapere”. Come ribadito più volte, questa sintetica ricostruzione è fuori dalla realtà, tant’è che in tempi recenti pure l’allora procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, ha precisato che all’epoca ‘il dottor Capaldo non ha mai detto nulla, come invece avrebbe dovuto, delle sue asserite interlocuzioni con ‘emissari’ del Vaticano’, riferendone invece ‘solo dopo essere andato in pensione (23 marzo 2017)’”.

Twitter: @FrancescoGrana

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