Arginare l’inverno demografico italiano è possibile, ma bisogna fare in fretta. Il governo guidato da Giorgia Meloni ha inserito la natalità nella denominazione del ministero per la Famiglia, retto da Eugenia Roccella. Ma ora deve passare all’azione. Parola di Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano, intervistato su FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez in edicola da sabato 8 aprile.

Il nuovo numero racconta come sarà l’Italia del 2050 partendo dalle proiezioni dell’Istat sull’andamento della popolazione, data la perdurante crisi della natalità. Un Paese con tre anziani per ogni giovane e cinque milioni di abitanti in meno, dove sarà difficile coprire molte posizioni lavorative (iniziamo a vederlo già oggi), nonché garantire le pensioni, l’assistenza e le cure mediche. E dove gli squilibri territoriali si aggraveranno, con un Sud che perderà più abitanti rispetto al Centro e al Nord e i piccoli borghi, soprattutto nelle aree interne, tenderanno a desertificarsi più in fretta. L’immigrazione non sarà comunque sufficiente a bilanciare l’emorragia di giovani, e comunque andrà gestita in modo più efficiente rispetto a oggi.

Qualcosa, però, si può fare, avverte Rosina. Anche nell’immediato: “Dovremmo portare subito le nostre politiche familiari a livello delle migliori eccellenze europee. Quanto dà alle famiglie la Germania? Oltre duecento euro al mese per ciascun bambino nato? Da noi l’assegno unico universale ha come base 75 euro. Qual è la copertura rispetto alla popolazione dei servizi per l’infanzia in Francia e in Svezia? Circa al 50%, e lì dobbiamo convergere. Dove ci sono i migliori congedi di paternità? In Spagna, con 16 settimane, da noi sono dieci giorni. Poi le politiche abitative, quelle per il lavoro. Next Generation Ue ci dà le risorse, ma siamo ancora troppo timidi”.

Next Generation Ue altro non è che il programma europeo da cui deriva il Pnrr, i cui fondi dovrebbero perciò andare a beneficio delle nuove generazioni. “Perdere l’occasione sarebbe gravissimo”, chiarisce Rosina. “Dobbiamo fare riforme per rispondere agli squilibri demografici, altrimenti quelle risorse diventeranno soltanto nuovo debito e ci ritroveremo in una situazione addirittura peggiore di adesso. Dobbiamo mettere i giovani al centro della transizione digitale e della transizione verde”.

Le cronache di questi giorni ci dicono quali problemi gravino sul Pnrr italiano. Ma come vanno le cose al ministero per la Natalità, al di là delle polemiche sulle famiglie omogenitoriali? Su FQ MillenniuM un’inchiesta di Maddalena Oliva e Natascia Ronchetti fa un primo bilancio, e mette in evidenza un cortocircuito. I primi due provvedimenti, annunciati in favore “delle mamme”, potrebbero in realtà tradursi in incentivi per una maggiore condivisione della cura dei bimbi da parte di entrambi i genitori. Che però è un cavallo di battaglia della sinistra più che della destra. Si tratta infatti dell’estensione del congedo parentale facoltativo, conveniente per chi guadagna di più (solitamente l’uomo). E l’assegno unico universale, che entra nella casse di tutta la famiglia e può essere usato per pagare baby sitter e asili nido, agevolando così il lavoro femminile.

A proposito di esempi virtuosi dall’estero: la rubrica Strangers Do It Better, curata da Eleonora Bianchini e Francesco Lo Torto, passa in rassegna le migliori pratiche del mondo. Dalla Francia, dove le tasse si pagano in base al reddito familiare diviso per un quoziente che aumenta all’aumentare dei figli. O la Svezia dove i monte congedi arriva fino 480 giorni.

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