“In questi decenni la politica ha creato consenso sulla sanità più con il clientelismo che con la tutela dei diritti. E dopo la retorica inaccettabile degli eroi, durante la pandemia, ora questa è tornata nell’angolo dell’agenda politica. Se l’obiettivo è rimettere al centro la sanità pubblica serve una grande mobilitazione civica, come successo in Spagna”. A lanciare l’appello è il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ai microfoni del Fattoquotidiano.it, a margine della Giornata Nazionale per l’Integrità in Sanità, iniziativa promossa a Roma da Transparency International Italia e Re-Act.
Dal sottofinanziamento alla cronica carenza di personale sanitario, passando per le crescenti diseguaglianze e l’ascesa del privato, il quadro descritto da Cartabellotta in merito allo stato di salute del Servizio sanitario nazionale, spiega, è da ‘codice rosso’: “Le criticità storiche si stanno riversando sui pazienti. Noi abbiamo un sistema basato su universalità, uguaglianza ed equità, oggi però sostituito da altre parole: rinuncia alle cure, fuga verso il privato, impoverimento, mobilità sanitaria. Tutto a svantaggio dell’esigibilità del diritto alla salute, tutelato dall’articolo 32 della Costituzione”, denuncia.
Un quadro che rischia anche di peggiorare, secondo il presidente della Fondazione Gimbe, con il Decreto Calderoli sull’Autonomia differenziata: “Così com’è, sarà il colpo di grazia per il Sistema sanitario nazionale”. Perché “già oggi abbiamo un Paese spezzato in due rispetto alla performance nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (Lea), con quasi tutte le Regioni meridionali in piano di rientro o commissariate (come Molise e Calabria): questo genera una mobilità sanitaria verso le Regioni del Nord”. Quindi, è convinto, “finirà per avvantaggiare chi già corre, lasciando indietro gli altri, con il Meridione che diventerà cliente del Centro Nord che avrà maggiore capacità nell’erogare servizi”. L’appello rivolto all’esecutivo è così quello di “eliminare la materia sanità da quelle inserite nella legge sull’Autonomia differenziata”. Due sono le strade: “O la politica rilancia la Sanità pubblica, oppure si prenda la responsabilità di dire che si sta privatizzando, guidando questo processo e non lasciandolo infiltrare come sta avvenendo”.
Eppure, con il Pnrr le risorse per cambiare lo stato del Ssn c’erano. Ora tra ritardi, fondi non spesi e diatribe interne al governo Meloni, si rischia di sprecare pure questa occasione: “Era l’organo prezioso da trapiantare in un paziente malato. Ma in Italia purtroppo c’è la cattiva abitudine che tutto ciò che viene fatto dai governi precedenti viene considerato inadeguato, invece la Sanità pubblica dovrebbe essere prioritaria per tutti. Perché la perdita del Ssn rischia di non avere un impatto soltanto sanitario. Sarà un disastro economico e sociale“.
Ma non solo. Perché Cartabellotta denuncia anche i rischi legati al nuovo Codice degli appalti, voluto e rivendicato da Matteo Salvini, al di là delle critiche dell’Anac su trasparenza e legalità: “Da tempo denunciamo come al di là del basso finanziamento in Sanità non manchino gli sprechi. E come non ci siano solo frodi e abusi di rilevanza penale, ma anche illeciti amministrativi. Ora con il nuovo Codice si allargano una serie di maglie che rischiano di favorire fenomeni corruttivi”, spiega. Uno scenario da non sottovalutare anche per Re-Act, pure nel settore sanitario, come racconta il direttore scientifico Lorenzo Segato: “C’è un’esigenza di velocità, ma c’è anche un problema di doversi dotare di maggiori strumenti di controllo e monitoraggio sui progetti. Li stiamo costruendo per sopperire alle carenze delle aziende sanitarie e portare avanti le buone pratiche. Seppur ci sia un grande differenziale tra la corruzione percepita e quella reale, sappiamo però bene come i rischi di corruzione esistano. Non devono essere sottostimati“.
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